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Costume e SocietàLetteratura

Il processo di iniziativa pubblica e privata a Locri

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri


Edil Merici

Di Giuseppe Pellegrino

Le osservazioni fatte fin qui vanno interamente richiamate nel presente paragrafo. Tuttavia, è bene partire dalla convocazione in giudizio di un cittadino.
Intanto non è dato sapere il significato del termine agoge. Tuttavia la logica lo riporterebbe al termine agoreguo, che ha più di un significato accettabile: parlo in assemblea, parlo in pubblico, proclamo, notifico… ma anche, con l’aggiunta del verbo kalessai, accanto al termine agorende, evocare/citare. Il cerchio si chiude.
Dunque, una vera citazione in giudizio che poteva essere orale, ma anche scritta, come sicuramente a Locri, posta l’esistenza di leggi scritte.
La agoge era sicuramente proponibile da chi ne avesse interesse, essendo leso dall’azione altrui. Tuttavia è ipotizzabile anche una sorta di iniziativa per così dire di clan. Le Fratrie a Locri sicuramente esistevano, tanto ve ne è contezza nelle tavolette di Zeus. Da queste si ricava la presenza certa di una Fratria, di origine gentilizia (si dice erroneamente) a Locri. Come certo il legame gestionale con il Tempio di Zeus. I Phatarkoi erano 12 e duravano in carica un mese ciascuno. Tuttavia le notizie al riguardo si fermano qui. A essa era demandata anche qualche colletta. Il dato non chiaro era che anche la Fratria ricorreva al prestito presso il Tempio in modo non diverso dalla polis. Abbiamo già espresso la nostra opinione: i Fratarchi erano in concreto degli esattori.
La nostra convinzione è che le Fratrie a Locri fossero solo un residuo di retaggio storico portato dalla madre patria. D’altronde non appaiono legate strettamente a gruppi famigliari precisi e il numero stesso depone solo per un controllo diretto dei cittadini sulle spese del Tempio. Il fatto che fossero 12, come i mesi, non depone per una sorta di clan, semmai per una ripartizione del lavoro di controllo tra le tre tribù (4 Fratarchi per ogni tribù, per un totale di 12) che non era certamente leggero e che veniva dislocato nel corso dell’anno. Il Fratarkos durava in carica un mese.
L’ipotesi è che quando l’interesse fosse di natura famigliare, non diversamente da quello che avveniva in tutta la Grecia, l’agoge potesse essere esperita dal Fratarco, al quale si richiamava la famiglia. Ma è solo una ipotesi, non suffragata da nessun elemento concreto.

Nel Buleterio, sicuramente, il processo veniva tenuto da un Collegio, per come sorteggiato, in un solo giorno.
Dal sistema di conferimento delle cariche si può evincere che i magistrati sorteggiati ogni anno fossero tre: una per ogni tribù. Il sorteggio doveva tenere conto della distribuzione delle cariche in modo uniforme, non solo tra le tre Tribù, ma anche tra i 33 Demi. La cosa che sul piano teorico può sembrare complessa, sul piano pratico si risolveva in modo semplice: poiché la carica era a rotazione, si presentavano per il sorteggio solo il Demoti che dovevano assumere la carica. Ergo, si autoescludevano sia coloro che avevano ricoperto già la carica, sia i Demi che non dovevano partecipare al sorteggio.
Successivamente, eletti i magistrati, espletata la dokimasìa, avveniva l’assegnazione delle controversie a rotazione.
Del cittadino semplice chiamato alle funzioni giudiziarie vi è una prova indiretta nella norma che invitava a rispettare “quel cittadino chiamato dalle leggi ad aver parte alle cariche della repubblica”. Alfred Klotz sostiene che i Magistrati, durante il loro mandato, avevano delle guarentigie. È possibile, ma non vi sono notizie certe.
Le giurisdizioni erano per materia (malamente diciamo civile o penale) e non era prevista una fase istruttoria e una dibattimentale, ma la gestione del processo apparteneva a un unico collegio di magistrati che lo gestiva, salvo imprevisti (come nel caso citato da Polibio), in un solo giorno.Era plausibile (anzi, certo) che i Magistrati, che venivano chiamati Arconti, fossero come a Gortina assistiti da mnamon (termine che deriva dal verbo greco che significa tenere a memoria, dunque una sorta di cancelliere),al quale era demandata l’iscrizione a ruolo della causa (ad Atene era lo stesso magistrato a scrivere la causa a ruolo), come pure tutti gli altri incombenti relativi alla comunicazione del Magistrato sorteggiato e del giorno dell’udienza pubblica: perché le udienze erano sempre pubbliche presso i Greci, condizione questa di attenzione della polis a che ci fosse un processo del Popolo.
Vi è, in tal senso, più che un indizio, una prova. Che è affermativa ed è negativa. Negativa nel senso che non si chiamava mnamon,positiva perché emerge la presenza a Locri di una figura, chiamata Prodikos (da pro-dioko ο pro-dike: amministrare o per il processo). Non può ricavarsi che la presenza di una sorta di cancelliere. Conferma l’ipotesi il fatto che non fosse quella del prodikos una carica con la qualifica di arconte.
Ciò è intuitivo, se del processo restavano tracce scritte e una tale figura in Grecia era usuale. Ma, anche dalla tabelle di Zeus, si evince la presenza dei cosiddetti hieranmones, ossia dei sacri contabili. Ne consegue che la funzione di trascrizione del processo, come la sua iscrizione a ruolo, appartenesse a soggetto diverso dell’arconte, posto anche che la direzione dibattimentale del processo, come pure il giudizio finale, gli apparteneva.
Al contrario, ad Atene, addirittura, era la stessa figura del magistrato a iscrivere la causa a ruolo, a preparare tutti gli atti istruttori e a gestire il processo. Era poi la numerosa giuria a decidere la colpevolezza o la ragione di una delle parti. In concreto, era il Magistrato a irrogare la pena o a decidere come applicare le sanzioni civili.

Foto: ascenzairiggiu.com


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