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Costume e Società

Bovalino celebra la messa in ricordo del beato Camillo Costanzo


Edil Merici

Di Antonio Ardore

Si è svolta il 16 settembre, nella chiesa Matrice Santa Maria ad Nives e San Nicola di Bari di Bovalino Superiore, la santa messa in ricordo del sacerdote, missionario e martire gesuita Camillo Costanzo.
La parrocchia di Santa Caterina Vergine e Martire e l’Arciconfraternita Maria Santissima Immacolata, guidata da Pasquale Blefari, ha organizzato una serie di manifestazioni religiose e culturali per ricordare la figura del beato bovalinese, uno dei tanti figli illustri di Bovalino, nel 400º anniversario del martirio.
Dopo l’esposizione della statua, spostata dall’altarino della navata sinistra a lato dell’altare maggiore, i fedeli hanno visitato la casa natale del beato, che si trova a pochi metri dalla chiesa matrice, restaurata nel 2007 grazie ai fondi raccolti con la vendita del libro Bovalino, un borgo da salvare, stampato nel settembre 2002 a cura dell’Arciconfraternita.
Alla solenne celebrazione eucaristica presieduta dal parroco Rigobert Elangui ha fatto seguito la processione per le vie del borgo antico, a cura dei confratelli e consorelle dell’Arciconfraternita. Durante il tragitto ci sono state alcune soste in vari punti del borgo con meditazioni sulla vita del beato e preghiere di affidamento del paese al martire bovalinese.
Il beato Camillo Costanzo nacque a Bovalino Superiore nel 1572 da Tommaso e Violante Montana, famiglia benestante originaria della città di Cosenza. La famiglia giunse a Bovalino nel 1550 dopo che Giovanni Marullo, conte di Bovalino e Condojanni, venne nominato Preside delle truppe spagnole in Calabria, con sede a Cosenza.
Il giovane Camillo, di animo buono e timido ma altruista, vicino alla fede religiosa, vivendo in un ambiente agiato, venne avviato agli studi sotto l’insegnamento dell’arciprete Francesco Marullo, parroco della chiesa matrice a Bovalino Superiore.
Terminati gli studi nel 1591, partì come soldato tra le milizie del generale Ambrogio Spinola all’assedio di Ostenda, nelle Fiandre, durante guerra contro il protestantesimo. Ritornato in Italia, l’8 settembre 1591, entrò a far parte della Compagnia di Gesù.
Nel 1602, all’età di 30 anni, e di sua spontanea volontà parte missionario per la Cina.
Sbarcò a Macao nel 1603 e, non potendo entrare nell’impero cinese perché i portoghesi impedivano ai religiosi di giungere, il 18 agosto 1605 passò a Nagasaki, in Giappone. Qui imparò la lingua e la cultura giapponese, studiò la religione buddista e scrisse 15 volumi in confutazione della religione del luogo. Qui venne avvicinato da una donna che gli chiedeva di far convertire il marito alla fede cattolica, ma invece lo fece arrestare. Fu portato nell’isola giapponese di Ichinoscima, trasferito a Tabira, sulla costa fronteggiante la città di Firando (Hirado), legato a un palo e attorniato di fascine di legno venne arso vivo, dopo aver cantato il Gloria Patri e ripetuto per 3 volte la parola Sanctus, continuando a predicare la fede alla folla che si era riunita per assistere al supplizio, incoraggiando i cristiani e invitando i pagani a convertirsi, lo si vide con gli occhi rivolti al cielo e spirò, era il 16 settembre 1622. I resti del rogo vennero gettati nel mare senza recuperare qualche reliquia.


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