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Costume e SocietàLetteratura

Leggi di Zaleuco: influenze e richiami

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri


Edil Merici

Di Giuseppe Pellegrino

VI: “Se alcuno viene istigato alla ingiustizia del cattivo genio che lo assiste vada nei templi presso gli altari ne’ santuari, ed ivi supplichi gli Dei perché lo aiutino a respingere quel tiranno empiissimo e molestissimo.”
VII: “Lo stesso infelice dominato a forza dalla inclinazione al male si avvicini agli uomini rinomati per la loro probità. Nel sentire essi discorrere della vita felice de’ buoni e delle pene e sofferenze de’ malvagi, la sua anima verrà allontanata dalle ingiuste azioni.”
X: “Dopo gli Dei e gli Eroi onorar si debbono i genitori.”
Il richiamo a Confucio e a Tommaso Campanella è d’obbligo. Si ricorda che il saggio cinese sosteneva che “se si governa un popolo con le leggi e si mantiene l’ordine con le sanzioni penali il popolo non commetterà delitti solamente in quanto vuole evitare punizioni, senza però avere coscienza di quello che è giusto. Se invece si governa con la virtù, il popolo sarà timorato, rispettoso e cosciente di sé stesso.”
Come la prima parte dell’Aforisma 39 di Tommaso Campanella: “Il primo guardiano delle leggi deve essere l’onore di chi l’osserva; il secondo, l’amore dell’utile che viene all’osservatore; il terzo, il timore della pena di chi non l’osserva”. La terza parte è più consona alla norma IX.
Assume particolare valore il richiamo a onorare dopo gli Dei, gli Eroi e i genitori. La norma è di probabile origine semitica, ma serve soprattutto a ricordare che occorre seguire l’esempio degli Eroi e dei Genitori che sono indiscutibilemente un punto di riferimento perenne e sicuro.
IX: “Bisogna che tutti ubbidiscano alle leggi, onorino i capi del Governo ed eseguano quanto loro è comandato.”
XVI: “Debbon tutti alle leggi già stabilite e permanenti. Nessuno deve stimarsi superiore a esse. Il decoro e l’utile è posto nel credersi inferiore e nell’eseguire il comando.”
XVII: “Si debbon punire i trasgressori delle leggi. L’impunità incoraggia a più gravi delitti.”
L’obbligatorietà della legge legata sia a quanto comandato sia al rispetto di chi governa. Si rimanda a quanto detto per i Magistrati, ma è bene ribadire che la parola arconte,nella sua etimologia, indica chi segna la via. Ciò vale per i Magistrati ma anche per i Governanti, che sono anch’essi Arconti. Il rispetto delle leggi passa attraverso il rispetto delle Istituzioni: concetto valido allora, valido oggi, valido sempre in una istituzione democratica e no autoritaria.
E qui è giocoforza riportare la seconda parte dell’Aforisma 38 di Tommaso Campanella: “Non può esistere nessuna legge senza la pena. E dove la pena non è espressa, essa è arbitraria. Diversamente si tratterà di un consiglio e non di una legge vera e propria. Se poi si deve aggiungere la ratio legis, allora significa che la legge non è universalmente definibile.”
XI: “Di tutte le città la patria vi sia più cara. Facendo diversamente se ne sdegneranno le patrie divinità. Non minore viltà è abbandonarla e passare la vita da un’altra. La natura non ci ha attaccato più strettamente ad altro oggetto di quanto alla patria.”
XIV: “Nessuno dica male in generale della città né in particolare di alcun cittadino. I custodi delle leggi debbono osservare i delinquenti i quali devono prima essere ammoniti e poi punirli in caso di ostinazione.”
Si ritorna al concetto del rispetto delle istituzioni, con un chiaro riferimento alla difesa della patria e del suo onore. Questo principio serve a spiegare la norma, che viene meglio chiarita nei frammenti, per come tramandateci da Plutarco, della legge che prevedeva la condanna a una certa pena di un locrese che, ritornando da un viaggio domandasse cosa ci fosse di nuovo. Il solo pensiero che si potesse pensare a un rivolgimento politico era da punire, perché la pòlis vieneprima di tutto.
La norma deve essere in parte interpolata, laddove vi è il seguente riferimento: “I custodi delle leggi debbono osservare i delinquenti che devono prima essere ammoniti e poi punirli in caso di ostinazione.” Pensare che nella pòlis del laccio si perdesse tempo per convincere chi violava la legge a osservarla e basta, è pura utopia. Sicuramente vi è l’intervento degli Stoici. Ma altrettanto sicuramente alla base vi era una norma simile: si tratta dell’obbligo, prima di iniziare un processo (di natura civile) del magistrato di tentare la conciliazione tra i contendenti. Si rimanda all’apposito paragrafo.
XII: “Nessuno deve riguardare come nemico irreconciliabile quel cittadino chiamato ad aver parte alle cariche della repubblica.”
Questa è una previsione generale, di natura civilistica, di natura politica in senso stretto, di natura giudiziaria. Chi è demandato a ricoprire una carica di governo, di giustizia o altro, è di per sé soggetto a inimicarsi i suoi concittadini. Un governante che prende decisioni lesive di interessi particolari, un magistrato che da una sentenza, per la sua semplice funzione è destinato a farsi dei nemici. E se però vi è un’educazione alla legalità e alla obbligatorietà delle cariche, questo astio deve venire meno.

Foto: romanoimpero.com


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