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Costume e SocietàLetteratura

L’esposizione al pubblico ludibrio

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri

Edil Merici

Di Giuseppe Pellegrino

Tirso ci vide entrambi e fece cenno a Tissaferne, che gridò: “Prendete i disertori. E i commilitoni ci legarono, senza neppure averci spogliato delle corazze» concluse l’oplita.
Zaleuco non fece commento alcuno. Rivolto a Isagora chiese: «Tu che hai da dire?»
«La mia storia non è diversa, Magistrato – rispose il soldato. – Dopo l’ordine ricevuto mi sono allontanato con Policrate, quando frecce cominciarono a cadere. Nel buio non mi sono reso conto di essermi allontanato dal mio compagno. Le frecce continuavano a cadere. Anch’io sono convinto che i Siculi aspettavano l’esercito di Locri ed erano state preparate numerose imboscate. Noi eravamo disposti e preparati per una battaglia campale alla luce del sole, un hotismòs, un impatto diretto, non a giocare a nascondino. Solo a un certo punto scappai per la campagna. Solo qualche giorno dopo, ho incontrato Policrate. Il resto lo sai Magistrato» concluse il soldato.
Finito il racconto, Zaleuco rimase solo un attimo zitto. Era adirato, il Magistrato, ma la sua ira non era tanto per il racconto dei disertori, che in fondo erano già puniti dalla vergogna pubblica del loro racconto. Erano soldati, era vero. Ma sempre dei contadini prestati all’improvviso a una guerra dettata dalla politica. In ogni caso, pensò, la pena doveva essere esemplare, la legge era chiara. Il Magistrato si aggiustò la tunica e proclamò più che ai soldati al popolo:
«
Voi tutti sapete che per i disertori vige la legge del contrappasso, come per tutte le nostre leggi. Minerva, nel dettarci le leggi, ci ha fatto capire che non vi è pena peggiore della vergogna per chi si comporta da femminuccia e a questa pena io vi condanno. Tu, Isagora non sei stato solo un disertore, hai anche abbandonato lo scudo per il quale un soldato deve morire, pur di non perderlo. Tu, per quattro mesi di seguito, ti presenterai un mese al mercato e un mese al porto di Epizèfiri, dove i valenti marinai potranno vederti, con vesti di donna orlate di porpora. Dovrai avere degli orecchini alle orecchie ed usare profumi e la faccia piena di belletti e gli occhi bistrati come le baldracche» sentenziò il Magistrato.
Poi rivolto a Isagora, sentenziò: «
Per te che non hai perduto lo scudo, dispongo che devi scontare la stessa pena per tre mesi. Anche tu avrai vesti orlate di porpora e orecchini alle orecchie, ma non dovrai usare belletti e bistrare gli occhi. La pena avrà inizio all’alba di domani, e dovrete percorrere tutto il mercato per la sua durata e oltre, fino alla sera. Il mese dopo al porto. E così fino alla fine della pena. Andate a casa, se volete. Agesilao curerà con i suoi opliti che la pena sia eseguita
I due disertori avevano il volto coperto da un rossore acceso. Sapevano della pena, ma Zaleuco l’aveva accentuato trattandoli come donne di malaffare. Tornare a casa era ancora più difficile. Se affrontare lo sguardo dei padri era difficile, alla fine avrebbe prevalso l’utilità di avere della braccia buone per la campagna. Più difficile affrontare le madri. Nel bene e nel male a Locri erano le donne a decidere delle sorti di un uomo. I due non si guardarono, ma entrambi nella testa fecero il pensiero di recarsi direttamente nei casali di campagna, piuttosto che affrontare lo sguardo di una donna infuriata.
Il popolo accolse la sentenza con un tripudio. Grida, fischi e braccia alzate dimostravano la soddisfazione per la decisione. Zaleuco, al solito, si era mostrato inflessibile. Neppure la giovinezza dei due disertori aveva provocato clemenza nella condanna. Mentre i due venivano slegati, la gente con scherno si avvicinava a loro. Fidone, piccola peste figlio di Idomenea e di Filocrate, apostrofò Policrate dicendo:
«
Vedi che oggi lo scudo ti sarebbe servito a ripararti il culo, vecchia bagascia!»
Egilia, donna famosa per i mille piaceri che sapeva procurare agli uomini, figlia di Nemea, da giovane la più rinomata baldracca, di padre ignoto, seppure stanca e con i belletti e guance cadenti, si rivolse ai due chiamandoli tesorini:
«
Tesorini, con un piccolo compenso saprò insegnarvi ad abbellire il volto, ad ancheggiare, ad assumere le posizioni più provocanti. D’altronde avete tutte e due un bel culetto
E questo non era che l’inizio. Tutte e due sapevano che non solo per i mesi di condanna, ma per tutta la loro vita sarebbero stati i tesorini di chiunque li voleva sbeffeggiare, la sputacchiera di chiunque provava ribrezzo per i vili, l’onta incancellabile dello loro famiglie. Nessuno dei due sapeva che a Paro, poco tempo dopo un uomo gettava lo scudo per salvare la pelle e lo metteva in poesia. Al diavolo lo scudo se mi ha salvato la pelle, diceva. Ma a Locri si sbeffeggiavano i vili e non si piangevano i morti. Era un altro mondo. Non si ammazzavano i disertori, perché uomo scappato era buono, se non per un’altra guerra, per lavorare i campi.

Non sappiamo quale fosse la pena effettiva. Per Caronda si parla di tre giorni vestiti da donna nel Foro: cosa inesistente come concetto a Locri come a Catane; come in tutta la Grecia. Era l’Agorà.
Ma a Locri le pene erano severe. Noi preferiamo pensare a tre mesi e in luoghi più di pubblico accesso: il mercato e il porto.

Foto: greciaroma.com

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