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Costume e SocietàLetteratura

Intrighi e motori

Storie d’altri tempi

Edil Merici

Di Francesco Cesare Strangio

Marco, dopo aver esitato un istante, disse: «È da un paio di giorni che non vedo vostro nipote. È tutto a posto?»
«È andato a Napoli a prendere la moglie e i due figli, a Dio piacendo, questa sera li avrò qui con me!» rispose don Angelo.
«Questa è una buona notizia!»
«E voi altri, come andate con il Lavoro?»
«Andiamo alla grande!»
«Bravi! Complimenti a voi tutti. La testa storta di Rocco dove l’avete lasciata?»
«Questa mattina non l’abbiamo ancora visto»
Marco non finì di rispondere che, dall’angolo della piazza che volge a occidente, il rombo di una moto richiamò l’attenzione di tutti i presenti. In sella alla motocicletta c’era Rocco che, in un attimo, parcheggiò vicino all’ingresso del bar. Come sempre specialista nel rompere le scatole, Rocco portò sul massimo la manopola dell’acceleratore prima di spegnere il motore. Il rombo dei quattro cilindri della Kawasaki 500 squarciò l’area come un aereo supersonico.
Don Angelo, nel sentire quel boato, non riuscì a trattenersi: «Per Dio, sei sempre il solito rompi… Quando metti senso?»
Rocco rispose stizzito: «Don Angelo, questo è un motore a quattro cilindri a due tempi e va sgasato prima di spegnerlo.»
«Volevi sgasata la testa a bastonate, altro che i quattro cilindri. Roba da matti!»
«Quando dite così, m’istigate a bestemmiare!»
«Io non istigo nessuno… In ogni caso sei padrone di fare e dire quello che vuoi, è la tua anima a rispondere e non la mia!»
I cinque compagni apprendisti fecero finta di niente, in attesa che andasse via don Angelo per dare inizio ai festeggiamenti della novità.
Rocco salutò tutti e andò al tavolo degli amici che avevano iniziato il secondo giro di birra.
Lo invitarono a prendere una birra e nel frattempo, a bassa voce, per non farsi sentire da don Angelo, si congratularono per la moto. Rocco, compiaciuto, si mise a ridere.
«È tua?» domandò Antonio Mezza Salma.
«Secondo te Rocco Valpreda è uomo da andare in giro con una moto prestata?»
«Scherzi? Che cosa direbbe la gente nel vederti girare con una moto di un altro?» intervenne Cosimo Mezza Cazzuola.
«Tu sei l’unico di larghe vedute.»
Effettivamente Cosimo Mezza, così lo chiamavano in cantiere, era il classico soggetto che non se la guastava mai con nessuno. Il suo motto era: “dai ragione a tutti, così non avrai mai da ridire con nessuno”. Tant’è vero che, a premio del suo modo di agire, tutte le volte che aveva da fare dei lavori a casa sua, i compagni di mestiere accorrevano ad aiutarlo.
Rocco, dopo aver mandato giù un paio di birre, se ne andò.
Salvatore, rompendo gli indugi, lo chiamò: «Dove credi di andare?»
«Vado a fare un giro nel paese!»
«Prima paghi le consumazioni e poi vai. Pensavi di comprare la moto senza offrire da bere?»«Certamente con voi il sottoscritto non manderà giù un goccio di birra in quanto non comprerete mai niente. Da oggi chiunque compra persino una bicicletta scassata, deve offrire da bere!»
«Affare fatto! Adesso paga!» risposero, tutti all’unisono.
Pagate le consumazioni, Rocco avviò il motore della moto e partì.
I cinque, rimasti da soli, presero a parlare delle continue follie messe in atto da Rocco.
«Vi ricordate della lambretta piaggio che teneva al cantiere?»disse Marco.«Va a finire che farà la stessa fine la Kawasaki. È il classico tipo che non sa dove sta di casa la pazienza» aggiunse Salvatore.
«Secondo me sta facendo il filo a qualche ragazza del posto e va a farsi vedere con la moto» osservò Agazio.
«Fa la corte a Teresa!» rispose Antonio.
«Chi? Teresa la figlia di donna Giuseppa?» domandò Marco.
«Proprio quella!» rispose Antonio.
«Che fosse un coglione immatricolato lo sanno tutti. Ma, onestamente, non pensavo mai fino a questo punto. È una ragazza di facili costumi, si dice che abbia fatto più marchette che giorni di scuola» disse, stizzito, Salvatore.
Alle parole di Salvatore, Antonio Mezza Salma aggiunse: «Ricordate quando è morta la madre di Rocco? All’inizio sembrava che la cosa non lo riguardasse per niente. Quando si rese conto che tutto non era uno scherzo, pianse per una settimana di seguito.»
Un GT Junior 1.300 dell’Alfa Romeo parcheggiò in piazza. Era nuovo di zecca, colore rosso Ferrari, gomme larghe, parafanghi bombati e cerchi in lega. La presenza del cellofan sui sedili, era una chiara evidenza che l’autovettura, qualche giorno prima, stava ancora alla concessionaria. Pochi istanti dopo scese dal GT rosso un certo Sergio Altomonte, si guardò attorno come se cercasse qualcuno.
Salvatore, nel vedere il nuovo arrivato, chiese scusa ai presenti e andò incontro al forestiero. Altomonte era di un paese ubicato a pochi chilometri da lì, aveva fama di essere la sede del mandamento di sette locali. Nel gergo mafioso, il paese di Altomonte aveva il dominio politico e militare dell’intera area di competenza. Oltre a quanto detto, al mandamento gli toccava di diritto un rappresentante in seno alla cupola dell’intera Provincia.
Salvatore conosceva Sergio, in quanto le rispettive madri erano parenti di secondo grado.

Foto: car-shooters.com

Redazione

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