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Costume e SocietàLetteratura

Gli organi di governo spartano

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri XXXII - Dopo aver analizzato i caratteri generali della costituzione Spartana, è giunto il momento di scendere nel dettaglio dei suoi vari organi di governo e scoprire tutte le caratteristiche dell’Apèlla, della Diarchia, dell’Eforato e della Gherusia, molte delle quali saranno poi replicate con i dovuti distinguo anche nella nostra Locri.

Di Giuseppe Pellegrino

Dopo aver analizzato i caratteri generali della costituzione Spartana, è giunto il momento di scendere nel dettaglio dei suoi vari organi di governo.

L’Apèlla

Edmond Lévy è sicuramente uno dei massimi esperti della costituzione spartana. Egli sostiene che dagli storici il ruolo dell’Apèlla sia stato molto sottovalutato e contesta anche la dizione, sostenendo che, intanto, il sostantivo vada declinato al plurale (Apèllai), ma anche che la sua denominazione fosse, nella lingua dorica, halìa, più giustamente ekklesìa. Questione formale. In pratica, due/tre gli elementi distintivi: si riuniva nel mese di Apellaìos, ossia gennaio, e da qui il nome e la conclusione che si riunisse una volta l’anno. A essa erano riservate le decisioni in materia di pace e guerra. Sembra che gli aventi diritto a partecipare non avessero diritto di parola, ma solo di fare una controproposta e basta. Si votava per acclamazione. Mentre il potere di proposta spettava agli Efori e alla Gherusia.

La Diarchia

I diarchi venivano eletti da due distinte dinastie. Dal punto di vista mitologico discendevano da due gemelli, Euristene, padre di Agide e antenato degli Agiadi, e Procle, padre di Euriponte e antenato degli Europontidi. In conseguenza avevano eguali poteri. Esercitavano la carica per un anno, sei mesi ciascuno: un diarca restava a Sparta; l’altro era polemarco; al sesto mese si scambiavano i ruoli.
Sembra che la presenza di due consoli a Roma sia stata ispirata dalla concezione spartana.
I poteri dei re, all’inizio grandi, col tempo divennero solo virtuali. In concreto erano solo due magistrati, e senza potere alcuno, tranne in materia di guerra. In questo caso, il diarca che esercitava la funzione di polemarco poteva dichiarare guerra a chiunque e non avere ostacoli.
Tuttavia Lévy contesta questa interpretazione minimale.

Gli Efori

Nulla si sa dell’origine degli efori e non è giustificativo il rinvio a Licurgo. Erano cinque e certamente la loro era origine antica e grandi i loro poteri, che Aristotele paragonava a quelli dei Tiranni.
Già dal significato della parola si capisce la loro importanza, la parola Ἔφορος (Èforos), infatti, significava custode, sorvegliante, ed era composta dal suffisso epì, sopra, e dal verbo horào, vedere. Rappresentarono la più importante delle magistrature spartane di età classica (dalla metà del VI secolo a.C.), anche se potevano vantare un’origine molto antica.
L’eforato era costituito da cittadini spartiati, senza limitazioni né di nascita né di censo; uno di essi, l’eforo eponimo, era il presidente della magistratura e dava il nome all’anno in corso. Il mandato durava un anno e non era rinnovabile in alcun caso.
Erano i custodi della Rhetra, seppure essa non ne faccia menzione. Eppure la tradizione attesta la loro presenza fin dal quasi dalla prima Olimpiade (756 a.C.). In teoria erano i custodi dei Diarchi e della Magistraura; in concreto mastini che controllavano ogni loro attività, tanto che potevano stare seduti anche in presenza dei Re.
Ogni mese si prestavano reciprocamente un giuramento, che era quello di non intentare alcuna azione contro i Re, se si fossero comportati (e avessero agito) secondo le leggi. In definitiva, erano i padroni di Sparta.
Potevano tutto in materia di processi. Ma il loro potere reale era il potere di sorvegliare l’intera società, dall’ordine pubblico ai costumi. Era un vero e proprio potere di polizia, senza limite alcuno che andava dall’imporre ammende, anche esagerate, alla ampia facoltà di arresto. Plutarco riferisce che il primo ordine che veniva da loro dato era quello di tagliarsi i baffi e rispettare le leggi. Neppure le statuette avevano baffi. Ogni dieci giorni ispezionavano i giovani e dal punto di vista fisico e per il vestiario. Avevano anche una funzione di controllo dei magistrati, che potevano destituire immediatamente, senza aspettare, come ad Atene (e anche a Locri) il rendiconto di fine anno. Solo nelle questioni penali non avevano potere di giudicare, perché la materia spettava alla Gherusia.
Gli Efori gestivano il potere esecutivo in ogni sua forma. Non solo ricevevano gli ambasciatori, ma collettivamente e con decisione a maggioranza si sostituivano ai re, che erano sempre in guerra.
Col tempo diventarono un incubo per i Diarchi e per la stessa magistratura. L’unico limite al loro potere era la durata di un solo anno della carica e la non rinnovabilità della funzione.

La Gherusia

La gherusia o gerusia (in greco antico γερουσία) era il consiglio di anziani della polis di Sparta.
La gherusia era composta complessivamente da 30 membri: 28 erano spartiati ultrasessantenni, poiché in tale età cessava l’obbligo del servizio militare, eletti a vita dall’Apella (assemblea che riuniva tutti gli spartiati maschi di oltre trent’anni) per acclamazione, mentre i restanti due erano i re di Sparta (la diarchia era un’istituzione tipicamente spartana).
Teoricamente tutti gli spartiati (cittadini di pieno diritto) erano potenzialmente eleggibili alla carica di gheronte, ma nella prassi abituale le famiglie aristocratiche riuscivano a influenzare l’elezione a tale importante carica.
La procedura di nomina ci viene descritta da Plutarco. I candidati sfilavano secondo un ordine per estrazione davanti agli Spartiati riuniti in Assemblea; in una casa vicina vi erano dei giudici, che non potevano vedere la scena, ma sentire le grida. Dice Plutarco: “veniva proclamato eletto chi aveva ottenuto le grida più numerose e forti.”
La gherusia svolgeva a Sparta sia funzioni legislative sia giudiziarie. Le proposte legislative della gherusia dovevano poi essere sottoposte all’Apella perché le ratificasse per acclamazione; viceversa, la gherusia poteva annullare le deliberazioni dell’Apella. Per quanto riguarda le funzioni giudiziarie, la gherusia poteva avocare i processi di maggiore importanza, ossia quelli riguardanti delitti punibili con la morte, l’esilio o l’atimia, ossia l’esclusione permanente dagli uffici pubblici.
Quando i Diarchi erano assenti potevano surrogarsi i loro poteri. Dalla letteratura storica appare più una carica onorifica che reale. Aristotele addirittura non riconosce in loro il potere probuleutico (quello di preparare le proposte di legge per l’Assemblea; pro-boulè, per la decisione) né quello di veto, mentre da tutti gli storici questo tipo di potere probuleutico viene ampiamente riconosciuto, perché le rhetrai, le leggi, prima dovevano essere sottoposte alla Gherusia, che aveva diritto di veto.

L’esercito spartano

Esula dal presente trattatello la descrizione della struttura dell’esercito. Si accenna solo alla figura del Re Polemarco solo al fine di delineare la differenza non solo con Sparta, ma anche con tutte le poleis greche e della polis di Locri. Dalle tabelle bronzee emerge un dato interessante che il Alfonso De Franciscis sottolinea con stupore: a Locri il comandate dell’esercito si chiamava solo stratega e non polemarco, come vedremo successivamente.
Il Re Polemarco, a Sparta, aveva potere assoluto di vita e di morte su tutti i cittadini, ovviamente quando era in guerra. Poteva inviare ambascerie sia per chiedere aiuto agli alleati che per chiedere una tregua ai nemici. Poteva nominare un prosseno, figura questa assimilabile a un ambasciatore che aveva due compiti: o quello di accogliere dei cittadini non spartani (in questo caso non era spartano) o quello di agevolare in territorio straniero gli affari degli spartiati. In gran parte è assimilabile alla figura del bailo veneziano.
I Re erano intoccabili per tutta la durata della guerra.

Foto: facebook.com/flippedprof

Redazione

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