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Caulonia e le Cascate di San Nicola

Locride… e dintorni in Mountain Bike XI

Di Rocco Lombardo

La passione per la Mountain Bike ci consente di percorrere vecchie strade bianche abbandonate, mulattiere e sentieri che hanno costituito per secoli le vie di comunicazione del nostro territorio; la Locride soltanto da poco tempo ha cominciato a entrare nelle diverse rotte turistiche per mostrare il meglio di sé, il suo volto nascosto, ecco perché, con i nostri itinerari settimanali, vogliamo offrire il nostro piccolo e amatoriale contributo, partecipando le località che raggiungiamo e attraversiamo tra l’Aspromonte e il mare cristallino, coniugando la ricchezza dei siti archeologici, la bellezza del paesaggio e le tradizioni ancora vive nei tipici paesi arroccati sulle alture, testimonianze di un antico e nobile passato.
Come sempre partenza e rientro da Locri, con le temperature di questo periodo che ci inducono a pianificare, al pari della tappa precedente, un percorso che preveda località fresche e ombreggiate, al fine di poterci rinfrancare dalle fatiche e dal caldo afoso; attraversiamo pertanto, nell’ordine, i centri urbani di Siderno, Marina di Gioiosa e Roccella Jonica, percorrendo i primi venti chilometri pianeggianti della Strada Statale 106; arrivati alle porte di Roccella imbocchiamo la circonvallazione a monte che, in costante ascesa e con la suggestione del ciottolato in sanpietrini che pavimentano il centro storico, ci conduce in cima al Castello medioevale dei principi Carafa. In prossimità del bivio si prosegue verso il Bosco Catalano, una suggestiva zona residenziale collinare, contornata da vigneti e uliveti.
Il percorso è abbastanza impegnativo, si sale con punte fino al 15% di dislivello; una volta scollinato, sulla destra parte un sentiero sassoso abbastanza largo, da cui si può ammirare il castello e la torre di Pizzofalcone. La strada si presenta in alcuni punti dissestata, taglia le colline calcaree del bosco e, dopo un breve e intenso strappo, superati alcuni vitigni, si rivela essere una bellissima e panoramica strada bianca dove una sosta ad ammirare il panorama è doverosa.
Lo sguardo ci accompagna in lontananza verso il centro storico di Caulonia Superiore, le colline e le montagne dell’entroterra fino al mare. Affrontiamo la veloce e tecnica discesa ai cui piedi imbocchiamo un’aspra e assolata salita asfaltata che, piegando verso destra, in pochi chilometri, con punte di dislivello importanti, anche del 20%, ci porterà fino alle porte del borgo, ove si staglia davanti a noi Porta Allaro, in pietra e mattoni, la più piccola delle quattro che cingono il borgo, che ci apre le porte al pittoresco centro storico, probabilmente uno tra i più affascinanti di tutta Italia, che sorge in cima ad uno sperone roccioso (300 metri sul livello del mare). Fino al 1860 era denominato Castelvetere (castrum vetus = vecchio castello), di cui rimangono pochi ruderi che contribuiscono a mantenere ancora oggi un’immagine simile a una roccaforte, circondata da dirupi (timpi) e un intreccio di vicoli stretti (vinedi). Conosciuta anche come Kaulon (di derivazione greca), secondo la leggenda venne fondata dagli Achei e fu colonia di Siracusa, mentre l’odierna cittadina nacque, probabilmente, nel periodo tardo romano o in epoca bizantina.
Percorrere in bici il centro storico di Caulonia, al pari di altri borghi collinari della Locride, è un’esperienza sensoriale, senz’altro più significativa di qualunque altra cosa possa leggersi o scriversi sul patrimonio artistico e urbanistico del posto, un vero set cinematografico a cielo aperto, stratigrafico, tra muri antichi e attuali ove si percepisce lo spirito del luogo, il fascino di un passato nobile e austero e la moderna quotidianità che affonda le radici nella tradizione e nel paesaggio circostante.
In epoca medievale, Castelvetere si distingueva anche per la presenza di un rilevante numero di chiese che oggi, grazie agli interventi di restauro, arricchiscono un prezioso patrimonio storico-artistico, elementi tenuti insieme e collegati dalle stradine lastricate e ciottolate in pietra che in molti punti costeggiano le antiche chiese, le case strette e gli antichi Palazzi con i loro imponenti e maestosi portali, oggi come ieri, tra Piazza Mese, Piazza Seggio e Piazza Baglio, rispettivamente il centro religioso, politico e commerciale del borgo, rendendo il tutto estremamente affascinante.
Lasciata Caulonia, riprendiamo la nostra traccia percorrendo alcuni chilometri della Strada Provinciale 88 fino al Calvario di Sant’Ilarione Abate, per poi imboccare subito dopo, sulla destra, uno tra i più coinvolgenti percorsi dell’intera Locride, ovvero la Via delle Rose, segnalata suggestivamente da cartelli toponomastici variopinti e da piastrelle chilometriche in ceramica, vere e proprie chicche artistiche progettate e realizzate da valenti artisti del posto, che riprende e ripercorre un anticopercorso religioso che conduce all’Eremo di Sant’Ilarione che, unitamente al parallelo sentiero Fratelleri, che conduce più a monte al Santuario Mariano di Crochi, sono legati a una millenaria tradizione religiosa e popolare molto sentita dagli abitanti del posto, sono infatti delle strade interpoderali che abitualmente vengono utilizzate dagli agricoltori proprietari dei poderi che ivi insistono, e che almeno due volte l’anno vengono attraversate dai fedeli che percorrono queste vie in occasione della Festa di Sant’Ilarione o nelle ricorrenze legate al Santuario Mariano di Crochi.
A strata ‘di rosi, comunemente conosciuta anche come La via della fede, è un antico sito che si affaccia sulla vallata dell’Allaro e rappresenta, sia dal punto di vista storico sia da quello artistico, una delle risorse più importanti del territorio, ove è possibile contaminarsi con le testimonianze tangibili di secoli di storia, con stupendi scorci panoramici a stretto contatto con la natura. L’adrenalica e suggestiva discesa ci condurrà all’Eremo di Sant’Ilarione e, quindi, alle Cascate di San Nicola, ricadenti in parte nelle frazioni di San Nicola, appunto, e di Calatria, due delle tante contrade che popolano uno dei comuni più estesi dell’intera provincia.
Lo sguardo abbraccia sia il mar Ionio sia le catene montuose delle Serre calabresi e, al termine del sentiero sterrato, dopo aver raggiunto il piccolo abitato della frazione San Nicola, costeggiamo il greto sterrato e pietroso dell’Allaro fino a imbatterci nell’imponente Eremo di Sant’Ilarione, un romitorio religioso abbarbicato su uno sperone di roccia granitica, probabilmente risalente ai tempi del monachesimo medievale bizantino e ingranditosi a più riprese nei secoli successivi; le ricerche archeologiche fanno propendere per il periodo tardo bizantino o normanno, trattandosi in origine di un katholikon, ossia di una chiesetta monastica nella quale i monaci che vivevano nelle vicinanze si radunavano il sabato e la domenica.
L’importanza di questo luogo sacro è testimoniata tutt’oggi dai riti tradizionali in occasione dell’arrivo della primavera e dell’autunno, una delle leggende più curiose del luogo vuole Sant’Ilarione fratello di San Bruno dato che, ancorché diversi per estrazione sociale e per impostazione teologica, sarebbero vissuti entrambi sulle sponde del fiume Allaro: San Bruno alla sorgente e Sant’Ilarione a valle. Il primo si cibava di tre lupini al giorno, buttando le bucce nel fiume, il secondo si cibava delle bucce che, miracolosamente, riusciva a recuperare dalla corrente, una leggenda che, descrivendoci la condizione di povertà in cui versavano i due eremiti, metaforicamente descriveva il territorio, una valle aspra al cospetto di una montagna più ricca di risorse.
Oltrepassiamo l’eremo ed eccoci subito alle Cascate, nelle cui pertinenze sorge un’attrezzata area ristoro-balneare con tanto di barbecue, lettini e ombrelloni, che assicura ai molti visitatori, soprattutto nel periodo estivo, un’oasi suggestiva di relax a stretto contatto con la natura e il paesaggio circostante. Decidiamo di proseguire sulla destra in lieve salita, sempre seguendo il greto del fiume, fino a incontrare una grotta con due antri molto particolari, dalle cui pareti trasuda l’acqua del fiume sovrastante e, proseguendo, dopo poco, tra la vegetazione scorgiamo un antico mulino e un nucleo di case abbandonate, segnalate da un’improvvisata toponomastica.
Da questo punto in poi il percorso segue il greto del torrente che, di anno in anno, subisce continue modifiche in virtù della furia delle piene invernali e che ci pregiudica inevitabilmente la possibilità di proseguire in MTB. Per poter raggiungere l’imbocco della gola, ci concediamo quindi una meritata sosta con tanto di bagno rigenerante nelle pozze freddine che i salti del torrente provocano, apprezzandone oltre modo il refrigerio e, riprendendo nel frattempo il sentiero a ritroso, non riusciamo a resistere a qualche altro tuffo nella prima e più ampia briglia che costituisce l’attrattiva principale del luogo.
Ripreso lo sterrato ai piedi dell’eremo, costeggeremo, per il rientro, una tra le più importanti fiumare calabresi, che dà il nome a tutta la vallata nella quale scorre: la Vallata dello Stilaro Allaro, le cui acque, tra il 1951 e il 1953, sciaguratamente inondarono il territorio circostante, costringendo di fatto parte della popolazione a trovare riparo nel nuovo centro abitato di Caulonia Marina. Dopo aver attraversato il ponte della Chiusa, seguiamo le indicazioni per Focà e la Strada Statale 106, che ci riporterà con un costante e sostenuto vento contrario fino a Locri.
Anche oggi, con il fidato compagno di viaggio Giuseppe Piccolo, abbiamo affrontato e coperto un suggestivo percorso locrideo, che ha contemplato una distanza complessiva di circa ottanta chilometri, con alcuni tratti particolarmente impegnativi in salita che hanno visto punte di dislivello fino al 20% e altri tratti in falso piano osteggiati da un costante vento contrario, per un dislivello altimetrico complessivo di circa 800 metri, premiati da un bel bagno a metà giro, quale giusto premio per la sudataccia.

Redazione

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