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Locri: una città fondata dalla donne

La Repubblica dei Locresi di Epizephiri XXXIX - Giunti a questo punto della ricostruzione del contesto storico in cui venne fondata la città di Locri Epizephiri, dobbiamo approfondire meglio i dati storici che ci parlano di una sorprendente (ma comunque non intesa in termini moderni) parità di genere presso l’antica Grecia, che avrebbe permesso a diversi gruppi di donne di essere le vere protagoniste della fondazione di diverse città della Magna Grecia.

Di Giuseppe Pellegrino 

Affrontare l’argomento della Parità di genere può sembrare ultroneo; così non è. L’argomento riveste una notevole importanza storica, sociologica e giuridica, tanto che, a partire all’incirca dalla metà dell’Ottocento, viene periodicamente riproposta un’ipotesi storiografica secondo la quale, dietro la storia dei gruppi patriarcali sarebbe possibile intravedere una lunghissima preistoria, nel corso della quale l’organizzazione famigliare e sociale sarebbe stata dominata dalle donne. Il patriarcato, in altre parole, sarebbe stato preceduto dal matriarcato. L’idea che in un’epoca remota e imprecisabile, il potere fosse stato detenuto dalle donne, peraltro, ha radici ben più lontane. Come è ben noto, essa trova la sua prima formulazione nel mito, e più precisamente, per limitarci alla storia della cultura occidentale, in una serie di notissimi miti greci.
Bisogna però intendersi con il concetto. Qui non si intende perorare il concetto ideale di una presunta parità di genere in Grecia, e tantomeno in Locri. Ma semplicemente descrivere il ruolo della Donna in Grecia e, soprattutto, quello ricoperto in Locri Epizefiri, anche partendo da presupposti mitologici che sempre nascondono una verità storica. Diversamente, non si spiegherà il mito delle Donne delle Cento Case, come pure l’accertamento fatto da Polibio che a Locri il patronimico ai figli era dato dalla Madre.
Eva Cantarella parte dal mito della Amazzoni, per poi arrivare a Caulonia e Locri. Dice la giurista:

Le Amazzoni (Αμαζόνες) erano un popolo di guerriere, che accoglievano gli uomini solo in condizione di schiavi, generavano figli unendosi a degli stranieri e, al momento del parto, uccidevano i figli maschi, ovvero, secondo un’altra versione del mito, li accecavano. Alle figlie femmine, perché potessero maneggiare arco e lancia senza impaccio, le Amazzoni tagliavano un seno: donde, appunto, il nome di Amazzoni (da a-mazos, senza seno).Un secondo mito nel quale si è pensato di poter scorgere le tracce di un momento matriarcale è quello delle Lemnie (abitanti dell’isola di Lemno). A differenza delle Amazzoni, le Lemnie avevano dei mariti. Ma, avendo offeso Afrodite, alla quale non avevano reso i dovuti onori, erano state colpite da una terribile punizione: la dea le aveva condannate a emettere un odore così sgradevole (dysosmia) che i loro uomini le avevano rifiutate, cercando conforto tra le braccia di giovani e più piacevoli schiave tracie. Le Lemnie, però, non avevano subito l’oltraggio senza reagire: armatesi di coltello, nel corso di una terribile notte, avevano sgozzato tutti i maschi dell’isola che, da quel momento, era diventata una società matriarcale, governata dalla vergine Ipsifile. Fino al giorno in cui era giunto nell’isola Giasone, con la nave Argo: quel giorno, infatti, gli Argonauti si erano uniti alle Lemnie, il cui cattivo odore era sparito nel momento in cui avevano accolto gli uomini; la regina Ipsifile aveva sposato Giasone; e, a partire da quel momento, periodicamente, a Lemno si celebrava una festa, il cui rituale riproduceva questi avvenimenti.

Rilevato poi che i Miti servono a richiamare o vicende storiche superate dalla storia o nascondere delle verità sotto la rappresentazione mitica di una vicenda dimenticata, la grande giurista precisa:

In Calabria infatti (zona nella quale, secondo la letteratura ottocentesca, sarebbe esistito il matriarcato) le donne hanno un ruolo determinante nel mito di fondazione di ben tre città: Caulonia, Taranto e Locri Epizefiri. Caulonia, dice il mito, fu fondata nel luogo ove approdò l’amazzone Cleta, colta da una tempesta mentre si recava a Troia per dare sepoltura alla compagna Pentesilea, uccisa da Achille. Taranto fu fondata da un gruppo di iloti (invero erano i Partheni, seppur trattati a Sparta come Iloti), che durante la guerra messenica si erano uniti a donne spartane libere e, alla fine della guerra, furono scacciati. Locri Epizefiri, infine, città dove la discendenza sarebbe stata matrilineare, fu fondata dagli schiavi dei Locresi di Grecia che, mentre i loro padroni combattevano accanto agli Spartani, si unirono alle donne di Sparta. Ma come ha giustamente osservato Pierre Vidal-Naquet, all’origine della città, in questi miti, accanto alle donne stanno gli schiavi: esseri, dunque, esclusi per definizione dal potere, esattamente come le donne, anche se in base a regole giuridiche e meccanismi sociali diversi. E che cosa mai potrebbe esservi, per un greco, di più impensabile del potere congiunto di donne e schiavi? Nel mito, per concludere, il potere femminile, quando non è lo specchio di un ritorno allo stato selvaggio, altro non è che la realtà sociale capovolta, ribaltata, spesso addirittura impensabile.

Foto: turiscalabria.it

Redazione

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