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Costume e SocietàLetteratura

Il giornalaio

I racconti della buonanotte XV

Necronomicon – parte 1

Di Bruno Siciliano

⚠️ ATTENZIONE!
Scorri in fondo all’articolo per ascoltare il racconto che segue letto dalla viva voce di Bruno Siciliano!

Memmo era un impiegato del Catasto e, come ogni mattina, era uscito di casa per andare al lavoro.
Erano già le sei e mezzo del mattino, un mattino autunnale cupo e piovigginoso. La città stava ancora sbadigliando mentre i tram si riempivano di operai e impiegati da trasportare all’altro capo della metropoli, dove hanno sede le fabbriche e gli uffici delle aziende.
L’aria fredda del mattino profumava di nafta, caffè, e cornetti appena sfornati, la gente a testa bassa si spintonava e camminava in fretta. Qualche insegna ancora accesa insisteva a lampeggiare nella cupa aria mattutina.
Era presto ma lui era già là, incastrato nel suo gabbiotto che puzzava d’inchiostro e carta di giornale. Nessuno l’aveva mai visto sorridere e, anche quella mattina, aveva la stessa aria cupa e la barba non rasata da giorni. Il giornalaio guardò l’impiegato con i suoi occhi neri e penetranti e gli porse il quotidiano senza proferire neanche un fiato, lui mise le monete su dei giornali non ancora scartati, lo salutò e corse via verso l’autobus.
Nel corso della giornata Memmo si ritrovò a pensare al giornalaio. Chissà dove abitava, come viveva e se aveva famiglia? Non s’era mai visto in giro, al bar o in qualche locale. Sempre là, nella sua edicola, a distribuire i suoi giornali dalle sei del mattino sino alle nove di sera, con la sua espressione cupa e la barba incolta e gli occhi che ti scrutano fin dentro l’anima.
Una sola domanda era entrata in testa a Memmo, come un ossessione e, di tanto in tanto, gli riaffiorava nella mente: chi è il giornalaio?
Quella domanda era diventata per lui un tarlo che rodeva, scavava e rosicchiava sino a diventare così insistente da rendersi insopportabile e, ogni mattina, quando andava a comprare il giornale, si ripresentava alla sua mente. Così un giorno si decise: avrebbe scoperto chi fosse il giornalaio. C’è chi raccoglie francobolli, chi va a caccia, chi scrive racconti; lui, da quella mattina, si era trovato un nuovo hobby: scoprire chi fosse il giornalaio.
In autunno inoltrato, alle cinque, è già notte. Adesso erano già le sei e mezza. Le strade erano lucide per la pioggerellina insistente e fredda ch’era caduta per tutta la giornata. Qualcuno usciva dall’ufficio, qualcun altro si attardava davanti ai bar in compagnia di un amico.
Memmo era uscito in compagnia del suo tarlo, era ancora presto, era passato davanti al gabbiotto del giornalaio, lo aveva salutato con deferenza, lui gli aveva puntato i suoi occhi neri facendogli appena un cenno con la testa a mo’ di saluto.
L’impiegato doveva far passare quelle due ore prima che il giornalaio tornasse a casa. Passò davanti a un cinema d’essai, davano la versione restaurata de Il Settimo Sigillo di Ingmar Bergman. Memmo, in gioventù aveva studiato al DAMS e s’era appassionato alla storia del cinema, per cui quella sera pagò il biglietto ed entrò. La morte aveva appena iniziato la partita a scacchi con il cavaliere crociato. Conosceva quel film a memoria, tanto da poter riscrivere a mente la sceneggiatura, ma gli piaceva rivederlo. Molti anni prima, a causa di quel film, si era lasciato con una sua vecchia fiamma perché, nel corso della proiezione, nel buio della sala, le aveva messo con intenzione una mano sulla coscia. Sorrise, tra se e se, nel ricordare quell’episodio, poi continuò a concentrarsi sulla proiezione.


Edil Merici

La morte aveva iniziato la sua danza con il cavaliere e i suoi amici mentre il giocoliere, con la sua famiglia, intraprendeva il viaggio verso la vita e il futuro quando Memmo si alzò e uscì dal cinema.
Guardò l’orologio, già le otto e mezza, così s’incamminò verso l’edicola.
Alle nove in punto, come un orologio svizzero, il giornalaio raccolse i giornali esposti, chiuse il gabbiotto e uscì per incamminarsi verso casa. Memmo, non visto, lo seguì a distanza, attardandosi spesso negli angoli più bui per celarsi meglio. Il giornalaio imboccò un vicolo nella città vecchia, poi un altro e si fermò davanti a un antico palazzo che l’impiegato aveva sempre creduto disabitato perché troppo vecchio e quasi cadente. Prese dalla tasca una chiave che infilò nella serratura di un portone anch’esso decrepito, lo aprì ed entrò richiudendolo in fretta dietro di sé. Memmo ripercorse il vicolo stretto e buio che puzzava d’umidità e piscio e scorse in alto una finestrella, si arrampicò su delle vecchie carabattole e sbirciò dentro la casa del giornalaio.
Si vedeva chiaramente una stanza miseranda e mal arredata. Il giornalaio s’era tolto il vecchio pastrano, lo aveva appeso all’attaccapanni dietro la porta e aveva cominciato ad armeggiare attorno ai fornelli per preparare una fettina in una padella in stile con il resto della casa. Il giornalaio, dunque, viveva da solo in quell’appartamento vecchio e scrostato, chissà quali erano state le sue vicissitudini  e per quale motivo adesso conduceva la sua esistenza solitaria nel semibuio di quel tugurio.
L’impiegato si stava adesso vergognando di sé e della sua insana curiosità quando gli occhi gli caddero sulla copertina di un grosso libro poggiato sul tavolo: Necronomicon. Era un vecchio libro con la copertina nera ed i caratteri impressi in oro. Il giornalaio possedeva un libro di magia nera che non esiste! Howard Phillips Lovecraft aveva ammesso che il nome era stata una sua invenzione per dare più credibilità ai suoi racconti. Lui stesso aveva detto che era stato redatto dall’arabo Abdul Alhazred, poeta pazzo dell’VIII secolo la cui esistenza era una pura invenzione dello stesso scrittore. Non esisteva né il libro né il suo redattore, eppure adesso eccolo lì, sotto i suoi occhi, nientemeno che il Libro dei Morti! Con esso sarebbe stato possibile evocare le anime dei trapassati per trasformarli in non viventi. Era evidente la vetustà del testo, non era assolutamente una nuova edizione sapientemente invecchiata, era troppo evidente che quel volume fosse veramente molto antico. Gli venne in mente quanto aveva letto in internet: rilegato in pelle umana e scritto a mano con un intruglio di inchiostro e sangue. Accanto ad esso, sullo stesso tavolo, un altro testo di magia ed erboristica, quasi introvabile: Picatrix. Un testo fondamentale di magia ed esoterismo scritto da un Astrologo e mago musulmano dal nome impronunciabile. Le gambe di Memmo cominciarono a tremare e si dovette aggrappare saldamente alle sbarre della finestra per non cadere rovinosamente a terra. Ebbe paura e abbandonò subito il suo punto d’osservazione ma, nello scendere, inciampò in qualche cosa e sarebbe caduto se due mani robuste non lo avessero sostenuto.

Continua…

Foto: livornopress.it

Per sapere di più su Bruno Siciliano e i suoi racconti visitate www.brunosiciliano.it.

Redazione

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