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I borghi degli angeli: da Guardavalle a Santa Caterina dello Ionio

Locride… e dintorni in Mountain Bike XXXIX


Edil Merici

Di Rocco Lombardo

Senso di libertà, andatura cadenzata, scenari incantevoli, silenzi che amplificano i suoni della natura: il percorso odierno sarà a stretto contatto con il paesaggio di un territorio incontaminato e ricco di attrazioni naturalistiche e paesaggistiche, soddisfacendo appieno le esigenze di chi unisce passione per la Mountain Bike e attenzione per il territorio e per la storia dei luoghi. Dalla dorsale orientale del Massiccio delle Serre, con le cime innevate di Serra San Bruno a pochi chilometri, ci eravamo lasciati nella freddissima Alta Valle dell’Assi, scalandola fino alla frazione montana di Elce della Vecchia, per poi rabbrividire (e non solo in senso figurato!) lungo la ripida e adrenalinica discesa fino al borgo austero e nascosto di Guardavalle.
Riprendiamo pertanto da qui il nostro tour in a nord della Locride, in un territorio che, dalle pendici orientali delle Serre Calabresi, si allunga appunto fino alle bianche spiagge dello Jonio, il tutto in un contesto ambientale dove le imponenti e aspre alture si tuffano in un mare limpido e profondo. Pedalare in questo antico e suggestivo territorio offre la possibilità di (ri)scoprire un pacifico e silenzioso angolo della nostra terra, ricco di colline, costoni argillosi e calanchi bianchissimi che, degradando dolcemente verso il mare, sono attraversati da sentieri antichi che collegano borghi fino a qualche tempo fa poco valorizzati e conosciuti al grande pubblico, ma che per fortuna da alcuni anni rientrano appieno nelle rotte turistiche più esclusive e green, riservando atmosfere rarefatte di serenità e quiete, radicate orgogliosamente nella storia, nelle tradizioni, nelle architetture, nella cultura e nei paesaggi che ne contraddistinguono da sempre l’identità.
Abbiamo già ricordato come la fiumara Assi, da cui discende il toponimo dell’intera vallata, sia stata conosciuta in epoca antica con la denominazione di fiume dell’argento per la presenza di miniere del minerale omonimo, e come la stessa delimiti le province di Reggio Calabria e Catanzaro a valle e Vibo Valentia a monte. Dopo averla percorsa in discesa fino alle porte del borgo di Guardavalle, in località Marasà imbocchiamo un sentiero sterrato particolarmente fangoso che, seguendo un crinale di arenaria pietroso, riprende l’asfalto incrociando la Strada Provinciale 139 che, in direzione nord, dopo una decina di chilometri, ci condurrà alle porte di Santa Caterina dello Ionio.
La strada è scenograficamente panoramica, in costante e moderato falsopiano pedalabile, con un pallido sole invernale che ci ritempra dalla temperature rigide patite nella discesa di Elce della Vecchia. La suggestione di questo tratto del percorso è data dalla ondulata sinuosità delle curve e dei tornanti, che ripercorrono l’orografica andatura dei costoni collinari, coltivati a uliveti e vigneti. Se non fosse per l’aggressione di alcuni maremmani, che non gradivano in alcun modo il nostro passaggio nei pressi di alcuni ovili di loro pertinenza e l’attraversamento di un antico ponte di origine romana, su cui volteggiava un chiassosissimo stormo di ciavule, sarebbe sicuramente risultato ancor più magico, con i caldi raggi del sole che filtravano da un piccolo spicchio di mare all’orizzonte.
In pochi chilometri di moderata salita intravediamo, tra un tornante e l’altro il borgo medievale di Santa Caterina dello Ionio, anch’esso sorto dall’abbandono forzato delle coste a causa delle incursioni saracene.
Arrivati alle porte del borgo, attraversiamo un moderno e funzionale cavalcavia in direzione monte e, dopo alcuni ripidissimi tornanti, imbocchiamo un sentiero sterrato sulla sinistra (per nulla segnalato!), reso particolarmente impervio dalle sterpaglie e dal viottolo poco battuto, fino a perderci in una fitta macchia di vegetazione selvatica alla ricerca del Monastero Basiliano della Madonna della Neve, quasi disperando della reale esistenza del sito. Pochissime sono infatti le fonti e le notizie su questo antico romitorio basiliano, praticamente sconosciuto, risalente al XVII secolo, riedificato nel XX, per poi essere distrutto definitivamente dall’alluvione del 1951.
Nonostante la traccia GPS ci indicasse la giusta via da seguire, la mancanza assoluta di riferimenti topografici o quant’altro utile alla fiduciosa percorrenza del tragitto, lasciamo le bici e ci inoltriamo a piedi nella fitta boscaglia lungo un pendio, imbattendoci da lì a poco in alcuni ruderi fatiscenti e dirupi, senza copertura alcuna e completamente inghiottiti dalla vegetazione spontanea, che intuiamo costituire una grangia del Monastero. Con cautela ci spingiamo all’interno del perimetro dei ruderi pericolanti, e improvvisamente veniamo ammaliati dalla visione di un affresco raffigurante una Madonna del latte o galactotrofusa, in latino Virgo Lactans, che rappresentava un’iconografia cristiana molto ricorrente all’epoca, ormai desolatamente compromessa e irrecuperabile, ancorché di una bellezza e di una suggestione uniche, che abbiamo potuto solo immortalare con foto e filmati, nella speranza di poterne testimoniare l’esistenza, e i cui resti poggiano su un piccolo altare in pietra, anch’esso completamente fatiscente e abbandonato al tempo e alle intemperie.
L’atmosfera e la magia che promanano dai ruderi dell’antico santuario e dall’affresco settecentesco ammalorato e dimenticato in uno sperduto costone di montagna, ci gratificano enormemente dalla scarpinata, avvalorando oltremodo la consapevolezza che c’è ancora molto da scoprire e da studiare sul nostro territorio.

Pochi minuti per godere della quiete assoluta del luogo, scattare ancora qualche foto e intrattenerci, poco più a valle, con un curiosissimo anziano del luogo che, intento in alcuni lavori di campagna, accertatosi prudentemente delle nostre buone intenzioni, ci tempestava di domande e, soprattutto, ci confermava l’abbandono della chiesa ormai da decenni.
Grazie alla sua posizione strategica, le origini di Santa Caterina dello Ionio risalgono attorno all’anno mille, quando per gli assalti dei Saraceni gli abitanti della costa si rifugiarono nell’entroterra dando vita a un piccolo villaggio cinto da mura difensive, nelle quali si aprivano quattro porte, di cui solo una è ancora possibile ammirare, la cosiddetta Porta dell’Acqua.
Fonti storiche ci ricordano che, intorno al 1060, faceva parte della contea di Badolato e, nel corso dei secoli, il suo dominio passò tra varie casate, dai Cordova ai Galeotta, dai Gioieni ai Colonna. Furono quindi i Marzano, che nel XVII secolo la dotarono di un castello, ad amministrarlo fino al passaggio ai Di Francia, che lo tennero fino all’eversione delle feudalità..
Pedalare nelle stradine strette e ripide del borgo è un tuffo nella storia: l’assetto urbano medievale ci consente di percorrere i vicoli su cui si affacciano le abitazioni e i palazzi gentilizi costruiti in pietra, arricchiti da decorazioni e imponenti portali d’ingresso, riportandoci indietro in un passato dall’esclusivo patrimonio storico. Il contrasto acceso di colori delle colline e del mare che circondano questo borgo fa da cornice al nostro ingresso in paese, varcando la menzionataPorta dell’Acqua. Il toponimo origina dal fatto che gli abitanti, attraversandola, si approvvigionavano dell’acqua, mentre le altre erano quelle di Portello, Pagliarello e la Porta della Marina.
Ci immergiamo nel dedalo di strette vie lastricate tra i ripidi vicoli e le fitte abitazioni, in cui si respira aria di tradizione e accoglienza, incrociando e ammirando i resti imponenti del palazzo nobiliare del XVIII secolo, che appartenne alla Casata di Francia. Dalle cronache apprendiamo che l’edificio strutturato su due piani fu gravemente danneggiato da un terribile incendio che coinvolse la cittadina nel 1983, limitando i pochi i resti visitabili al portale d’accesso e all’abbeveratoio per i cavalli, nonché la zona destinata alla lavorazione dei prodotti agricoli.
Proseguendo nella disordinata visita del borgo e facendoci inghiottire  dall’adrenalinica percorrenza delle viuzze, sbuchiamo nella piazza del Municipio in cui sorge la Chiesa Matrice di Santa Maria Assunta, una tipica struttura a croce latina anch’essa pesantemente interessata dall’incendio dell’83, che la distrusse quasi totalmente, e i cui recenti lavori di restauro sono ancor più visibili all’interno della chiesa. All’esterno una tabella ci indica nelle pertinenze il vicolo più stretto d’Italia, un classico rinvenibile in migliaia di altri piccoli borghi disseminati sul tutto territorio nazionale, ma che, con i suoi 36 centimetri, ci obbliga a disfarci di zaini e accessori per poterlo attraversare.
La leggenda del luogo ci porta al cospetto dellaChiesa di Santa Caterina di Alessandria, eretta nel punto esatto in cui la Santa Patrona apparve ai saraceni, riuscendo così ad allontanarli dal paese. Altro monumento che incontriamo è Il Convento di San Francesco, risalente al 1580 e abitato per alcuni secoli dai frati Cappuccini fino ai primi del ‘700, per poi essere demolito e ricostruito con la denominazione Casa Famiglia Di Francia con annessa Scuola Elementare, attiva fino al 1997, anno in cui venne chiusa. Abbiamo modo di visitare fugacemente anche la Chiesa San Pantaleone, con l’altare maggiore impreziosito da marmi policromi e la statua del santo di dimensione umana, e la Chiesa dell’Immacolata Concezione, scenografica come poche altre, essendo posta a picco su un burrone.
Lungo le stradine incontriamo testimonianze di vita quotidiana che connotano da secoli questo borgo, tra i molti cantieri aperti, frutto di una fervente attività di riqualificazione e ristrutturazione di antiche abitazioni, e su cui molti stranieri, innamoratisi del posto, hanno deciso di investire. Il paese è stato definito terrazza sul mare, poiché da numerosi punti è possibile ammirare panorami davvero scenografici e mozzafiato. Tra tutti, quello dal quale è possibile vedere i borghi a nord, in primo piano quello di Badolato, da cui ci concediamo un ultimo sguardo d’insieme sulle stupende distese di uliveti secolari e vigne sconfinate che contrastano con i colori del mare, prima di intraprendere la via del ritorno.
Lasciamo il borgo delle terrazze panoramiche e la tranquillità che lo caratterizza, lontana anni luce dai ritmi e dalle frenesie della vita moderna, per spostarci verso il mare, lungo un percorso alternativo alla Strada Provinciale d’accesso che, dalla Chiesa di Santa Caterina, attraverso la località di bassaporta, ci consentirà di ridiscendere in circa otto chilometri sulla costa e godere di scorci scenografici in un contesto ambientale incontaminato e poco urbanizzato, caratterizzato da calanchi bianchissimi e costoni collinari argillosi. Attraversata la frazione marina di Santa Caterina, a ridosso delle bianche spiagge della costa, ci concediamo un’ultima sosta nei pressi della Torre di Sant’Antonio, un’antica torre cavallara costruita nel XIII secolo, che serviva per l’avvistamento dei pirati provenienti dal mare, convertita in un moderno ed esclusivo resort di grande suggestione.
Con il compagno di avventura Giuseppe Piccolo, completeremo la settimana prossima il tuor dei borghi degli angeli, con la tappa che ci porterà a Badolato e Isca sullo Ionio.


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