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Costume e Società

Un pomeriggio a Sant’Agata: dove la poesia è di casa


Edil Merici

Lasciato il terreno di Vincenzo Baldissarro, Domenico Stranieri ci riporta in paese per iniziare il tour di Sant’Agata del Bianco. Giunti nella piazza sulla quale affaccia la chiesa di Sant’Agata vergine e martire diventa chiaro che condensare la passeggiata per i vicoli del borgo nella manciata di minuti che ci separano dal buio della sera sarà complicato. Nonostante le dimensioni modeste del paese, infatti, Sant’Agata è un concentrato impressionante di storia e personalità, come se quei pochi isolati costituissero il più fertile humus sul quale far crescere rigogliose l’estro artistico, la passione per la cultura e l’innata genialità della sua manciata di residenti. Domenico spiega che, fino a pochissimi anni fa, il paese era completamente abbandonato e, al netto di una conformazione territoriale che lo rendeva realtà ideale nella quale imporre un vincolo paesaggistico, l’edificazione selvaggia operata nei secoli ha minato quella bellezza in potenza in maniera quasi irrimediabile. La sua giunta aveva due strade da percorrere, per recuperare il paese: accelerare i tempi di approvazione di un severo Piano Strutturale Comunale e avviare, con grande impiego di risorse, una demolizione coatta delle storture architettoniche, o cercare di mascherarle. È così che nasce la collaborazione con Spos.art, al secolo Angelo Sposari, artista messinese con mamma santagatese cha ha decorato con i suoi murales evocativi tante mura del borgo. Conoscevo Spos.art, ma vedere dal vivo le sue opere provoca in me un’emozione dirompente. Non so come altro descrivere ciò che sento lasciando alla mia sinistra il murales raffigurante un’estatica Sant’Agata che osserva la chiesa che le è stata dedicata all’altro capo della piazza, la naturalezza di quel giovane che si disseta lungo la strada in cui si trovavano le fontane, lo sguardo perso nella bellezza della sua terra di Michele Strati, poeta contadino al quale la rivista Vie nuove, evidentemente affascinatacome me dal paese e dai suoi abitanti, dedicò la copertina del numero del gennaio 1953. E, ancora, l’abbraccio che dà forma e colore a una fredda parete di cemento, i sorrisi tagliati dai raggi del sole che tramonta di Tibi e Tascia, l’evocativo accostamento di colori che celebra Fàbon, Dante che cerca con lo sguardo una Beatrice impalpabile o il profilo fumoso che si staglia sulla facciata della casa di Saverio Strati.
Ma prima di giungere alla casa del celebre scrittore, a poche decine di metri dal murale che rappresenta la patrona del borgo, facciamo tappa dinanzi alla casa in cui visse Pietro Sgabelloni, giornalista de Il Giornale d’Italia e zio del filosofo Massimo Scaligero, ideatore del cosiddetto razzismo spirituale che giustificò la promulgazione delle leggi razziali da parte di Benito Mussolini. Un’abitazione che è tappa turistica già da molti anni e che, per questo, come tante altre, presenta sulla facciata un Codice QR che, opportunamente inquadrato con lo smartphone, vi farà accedere alla storia dell’edificio e dei suoi occupanti. Procedendo lungo i vicoli del borgo non c’è angolo che non trasudi una storia celebrata per immagini. Sono tantissime, infatti, le porte decorate o dipinte, come quelle dell’abitazione dell’arciprete Vincenzo Tedesco (autore dell’opera Memoria sui luoghi antichi e moderni del circondario di Bianco), perfettamente descritta nell’inicipit del romanzo di Gaudio Incorpora La Luna è nera. Una sagoma nera si staglia su una parete poco più avanti, e minaccia con un coltello la tirannia: si tratta di Brunello il liberatore, pastore che, nel 1661, travestito da donna, si sarebbe recato presso l’abitazione del barone Tranfo per ucciderlo, ponendo fine allo ius primae noctis che il signore avrebbe voluto esercitare su sua moglie.

La strada delle porte pinte, che celebrano e citano altri fatti di cui è stato teatro il paese, ci conduce fino alla piccola piazza in cui si svolgono alcune serate del festival Stratificazioni e al vicinissimo Giardino del pensiero, cortile in pietra viva che, grazie alla presenza di un paio di gradoni che corrono lungo tutto il perimetro, viene utilizzato come anfiteatro presso il quale scambiarsi idee e opinioni nelle serate di festa.
Agli angoli delle strade notiamo delle sculture astratte composte da lamiere arrossate dal tempo. Si tratta di installazioni in ferro riciclato prodotte da Antonio Scarfone che, impegnandosi a tenere il paese pulito, ha dato nuova vita agli scarti modellandoli in opere decorative o aggiungendoli a un’impressionante mostra allestita all’interno di un’abitazione rurale che si trova di fronte alla casa di Saverio Strati, ribattezzata il Museo delle Cose Perdute.
Fatto capolino nella casa di Strati, presso la quale è ancora possibile ammirare la scrivania sulla quale ha scritto i suoi romanzi, articoli di giornale suoi o che ne celebrano grandezza e persino una riproduzione dell’atto di nascita, continuiamo a salire per raggiungere l’estremità opposta del borgo, lasciando alla nostra destra una consumatissima escrescenza rocciosa, sagomata in modo approssimativamente rettangolare, all’interno della quale, mi rivela Stranieri, era stata scavata la più antica abitazione di Sant’Agata del Bianco. Su uno dei lati corti mi vengono fatte notare delle venature che un geologo ha identificato come tracce d’acqua di periodo preistorico, quasi a voler ricordare che la Calabria si è inaridita solo con l’avvento dell’uomo.
Col sole ormai nascosto oltre le montagne e il vento freddo che si fa sferzante, torniamo sui nostri passi parlando con Domenico di ciò che Sant’Agata può offrire e di quali siano invece le prospettive future.
«Tutto quello che vedi lo abbiamo realizzato in quattro anni – mi dice il sindaco – e, grazie al passaparola abbiamo un buon numero di turisti che ogni estate vengono a trovarci indipendentemente da Stratificazioni, che comunque fa registrare un successo crescente di anno in anno. Per questo, se avvisati per tempo, garantiamo alle piccole comitive di poter fare un tour del borgo come quello che vi abbiamo fatto fare questa sera accompagnati però da cantastorie che possano intrattenere in nostri ospiti in maniera più dinamica rispetto a quanto non abbia fatto io. Ciò che ci manca è un appoggio solido da parte delle istituzioni sovraordinate, finanziamenti mirati che, prima ancora che attrarre turismo, possano convincere la gente a restare, evitando che il borgo diventi un paese fantasma per otto mesi l’anno. Per questo motivo, se utopisticamente sogno che il paese possa continuare a percorrere la strada che gli abbiamo indicato e far proseguire le belle esperienze del festival o dell’iniziativa Adotta il borgo, che ci ha permesso di tenere puliti e di abbellire molti scorci del paese grazie a gruppi di cittadini volenterosi, realisticamente vedo un paese destinato a scomparire…»
Domenico conclude il suo intervento con lo sguardo vacuo di chi si sente impotente dinanzi all’ineluttabilità degli eventi. Come Michele Strati osservava rapito il paesaggio descritto da Edward Lear nel murale di Spos.art, il sindaco guarda il suo paese come si osserverebbe una stella che brilla più intensamente prima di spegnersi per sempre. Una parte di me non può che ammettere che abbia ragione, che ci siamo accorti troppo tardi di che forziere prezioso sia il borgo. Un’altra scrive nella speranza di alimentare in voi lettori quella sana curiosità che possa condurvi lì prima che sia troppo tardi e che queste righe, che così poca giustizia rendono a quel bellissimo centro agreste, possano destare le coscienze di chi di competenza perché i nostri figli e nipoti meritano di conoscere quel patrimonio così come abbiamo avuto la possibilità di fare noi.
È con questi sentimenti contrastanti che lasciamo il paese, ripromettendoci di tornare quanto prima a parlare con quelle mura che ci hanno incantato per una manciata di ore.


Trimboli

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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