Julien a ferragosto
Di Massimo Pedullà
Adagiar non ti potesti, Madre,
su quella barca devota.
In sera forti le correnti
di mareggiate in subbuglio,
tra quell’intreccio di forze mescolanti,
ma giochi di luce e riflessi lunari,
si vider comparire e accarezzare
quel mare mosso di vigilia di ferragosto.
Forti le forze del male e scompiglio
tra cellule e impazziti geni,
dentro al corpo di Julien,
espressione di robusta e allegra cotraranza
lui che non voleva la luna
che tanto bella appare in vista;
ma soltanto stare in lontananza
da quelle mura.
In quell’altra nazione lontana,
Invase dallo spettro dell’alcol
e dalla miseria dell’uomo perso.
Prima luce del giorno di festa
che di fuoco nel nascer sei;
perché sì di sconforto tanto
alla mia povera mente
che pur nulla disia?
Donde questo mio esaurirsi
delle forze vitali, che pur tanto attaccate
alla vita mi sono?
Forse il fallimento dell’uomo,
che come i frutti ogni stagione porta
e in ogni epoca si trova.
Oh sfera di cristallo bianco ghiaccio,
In tutta la tua pienezza dal cosmo cullata,
che all’oscurar della festa ti affacci;
Julien non ha potuto guardarti e ammirarti,
l’ombra del male troppo fulminante
e senza grazia è stata.
Forse sarebbe meglio non stancarsi tanto
a capire il senso della vita,
se poi esso stesso a tanta sofferenza porta.
Foto: touringclub.it