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Costume e SocietàLetteratura

Deficienze di prodotto in regime sospensivo o denaturato

Breve storia giuridica dei reati in materia di accise


Edil Merici

Di Agostino Giovinazzo

L’articolo 47, comma 1 del Decreto Legislativo nº 504 del 26 ottobre 1995, per quanto qui di nostro interesse, stabilisce che nel caso di prodotti denaturati, se la deficienza eccede l’1% oltre il calo consentito, l’esercente è punito, indipendentemente dal pagamento dell’accisa commisurata all’aliquota più elevata gravante sul prodotto, con la multa fino a 2.582 euro.
Se, tuttavia, la deficienza è di entità superiore al 10%, oltre il calo consentito si applicano le pene previste per il tentativo di sottrazione del prodotto al pagamento dell’accisa.
La norma prevede, inoltre, che le sanzioni qui richiamate non si applicano laddove sia fornita la prova che il prodotto sia andato perduto o distrutto.
Ebbene, per procedere a una più analitica analisi della fattispecie in esame, appare necessario un richiamo alla disciplina dettata in materia di depositi fiscali agli art. 5, 23 e 25 del D.Lgs. nº 504/1995.
Più di preciso, dalla lettura combinata di tali norme, emerge una netta linea di demarcazione tra:

  1. i depositi fiscali ove possono essere fabbricati, trasformati, ricevuti e spediti prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione d’imposta, siano essi denaturati e non denaturati;
  2. i depositi, nella prassi comunemente identificati con il termine, “liberi”, ove al loro interno sono stoccati, movimentati o utilizzati oli minerali assoggettati ad accisa (ossia a imposta assolta) e, tendenzialmente, impiegati per uso commerciale o per uso privato, agricolo e industriale.

Per questi ultimi non è previsto né l’obbligo di denuncia, né della licenza fiscale, né della tenuta dei registri di carico e scarico ed è appunto per tale ragione che parte della dottrina è orientata a ritenere che la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 47 del D.Lgs. nº 504/1995 sia inapplicabile a tali luoghi.
Sul punto, tuttavia, alcuni autori non ritengono sia da escludere a priori la possibilità che, in presenza di fondati elementi probatori sulla costituzione di eccedenze non giustificate di prodotti petroliferi denaturati nei depositi liberi, possa trovare applicazione l’art. 40 del D.Lgs. nº 504/1995.
Il precetto in esame presenta non pochi profili di ambiguità interpretativa, soprattutto con particolare riferimento alle deficienze di prodotti in regime sospensivo all’interno dei depositi fiscali.
Come visto, tale specifica fattispecie è disciplinata dall’art. 47, c. 1 del D.Lgs. nº 504/1995, che stabilisce:

  1. al primo periodo, una sanzione amministrativa tra il doppio e il triplo dell’accisa evasa qualora le deficienze superino di oltre il 2% il limite delle tolleranze ammesse;
  2. al secondo periodo, una sanzione di natura penale nel caso in cui la menzionata deficienza riguardi prodotti denaturati e superi l’1% del prodotto presente nel deposito;
  3. al terzo periodo, le pene previste per il tentativo di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’imposta, in tutti i casi in cui le deficienze siano da registrarsi in una misura superiore al 10% oltre il calo consentito.

I maggiori profili di criticità interpretativa sorgono, perciò, nella formulazione del richiamato terzo inciso. In quanto privo di una sostanziale discriminazione tra prodotti denaturati e i prodotti ad accisa sospesa, potrebbe astrattamente trovare applicazione ad entrambi, prevedendo l’operatività della presunzione di reato solo se l’ammanco risulti eccedente il 10%.
Ebbene, parte della dottrina intervenuta in materia ha evidenziato che, laddove si volesse seguire tale approccio ermeneutico alla norma, l’efficacia deterrente del precetto recato dalla stessa verrebbe a essere in qualche misura seriamente compromesso: le deficienze al di sotto del menzionando limite del 10% verrebbero a essere punite tenuemente con il semplice pagamento di una sanzione amministrativa compresa tra il doppio e il triplo dell’imposta evasa.
Tale orientamento, fondato sul contenuto letterale della norma, si porrebbe tuttavia in contrasto con la stessa, non riflettendone perfettamente la ratio legis voluta dal Legislatore delegato.
Osservando i lavori preparatori al D.Lgs. nº 504/1995 emergerebbe, infatti, una volontà diametralmente opposta a quella descritta e, al contrario, maggiormente orientata nel senso che la sanzione amministrativa del primo periodo del c. 1 sarebbe riferibile solo per le fattispecie non penalmente rilevanti.
In tale contesto, non sarebbe stato pertanto necessario raggiungere il menzionato limite del 10% per qualificare la fattispecie come reato, in quanto avrebbe assunto rilievo solo per le deficienze dei prodotti denaturati (disciplinati dal secondo periodo del comma in questione).
Visto in altri termini, laddove si volesse accedere alla tesi da ultimo prospettata, si avrebbe che il superamento del limite del 2% configurerebbe immediatamente una sottrazione di prodotto al pagamento e all’accertamento dell’imposta.
Le riportate considerazioni troverebbero, inoltre, conforto nella relazione illustrativa di accompagnamento al D.Lgs. nº 504/1995, in cui si chiarirebbe che tali norme sanzionatorie sarebbero riconducibili:

  1. per quanto riguarda i prodotti denaturati, alle disposizioni di cui all’art. 16 della L. nº 474 del 2 luglio 1957 (concernente le disposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli minerali); 
  2. per le deficienze aventi a oggetto prodotti in sospensione di imposta, alle disposizioni recate agli articoli 304, 305 e 308 del Decreto del Presidente della Repubblica nº 43 del 23 gennaio 1973.

È proprio quest’ultimo richiamo ad assume una grande rilevanza nei casi di specie, posto che in circostanze del genere le stesse norme doganali – come visto in precedenza – contemplano l’applicazione delle sanzioni amministrative, salvo che il fatto non integri il reato di contrabbando.
Il confronto delle norme citate or ora, con le disposizioni contenute nell’art. 47 D.Lgs. nº 504/1995 offre una chiara conferma di quanto appena illustrato.
Il primo periodo del c. 1 dell’art. 47 si conforma, difatti, alle disposizioni contenute nella richiamata normativa doganale, introducendo per i prodotti in regime sospensivo delle sanzioni amministrative, mentre il secondo e il terzo periodo, sempre del primo comma, riportano in maniera del tutto speculare le previsioni sanzionatorie contemplate dalla L. nº 474 del 2 luglio 1957.
A questo proposito, occorre tuttavia evidenziare la presenza di un orientamento difforme rispetto a quello da ultimo descritto e, per molti versi, più aderente alla lettera della legge.
Più di preciso, secondo tale approccio, sarebbe da definire come arbitraria la conclusione che porta a individuare una natura sanzionatoria collocabile solamente nell’alveo amministrativo per le disposizioni recate al c. 1 dell’art. 47, e ciò deriverebbe dalla circostanza che tanto il secondo, quanto il terzo periodo del c. 1 prevedono l’irrogazione di sanzioni penali.
Secondo tale prospettiva, inoltre, sarebbe implicitamente ammissibile che, anche qualora la deficienza rientri nei limiti di legge, se fosse dimostrato che essa è dovuta a un’illecita asportazione di prodotto, troverebbero a ogni modo applicazione le sanzioni penali previste per la sottrazione del prodotto al pagamento delle accise.
Talché, il terzo periodo del comma medesimo, non farebbe che stabilire una presunzione di frode nella sola ipotesi in cui venga superato il richiamato limite, valicato il quale può ritenersi che la perdita di prodotto non sia riferibile a cause naturali sollevando perciò l’Amministrazione finanziaria dall’onere di provare la fraudolenza delle intenzioni dell’agente.
Quanto, infine, all’elemento soggettivo, il delitto de quo appare certamente riconducibile nella sfera del dolo generico, essendo sufficiente a integrare il reato la semplice coscienza e volontà di detenere prodotti in misura inferiore a quella risultante dai registri contabili.
Nel caso di specie, non rileverà, pertanto, il fine perseguito dal soggetto agente, che può anche non essere preordinato al conseguimento di eventuale evasione d’imposta.

Foto: fiscalitadellenergia.it
Tratto da Contrabbando doganale e delitti in materia di accise, edito da Key editore, collana diretta da
Enzo Nobile.


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