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Il colpo di fucile che spezzò la vita di Massimiliano e il diritto alla rabbia


Edil Merici

Era il 17 settembre del 2004. Massimiliano Carbone, come ogni venerdì sera, rientrava dalla partita di calcio. La stessa strada. Gli stessi chilometri di sempre. Pochi passi ancora e il giovane ragazzo della Locride avrebbe riaperto il portone di casa. Quel palazzo però rimbomba ancora del frastuono provocato da una pallottola. Nelle orecchie, c’è ancora lo schiocco cupo e assordante della tragedia. Negli occhi c’è ancora nitida l’immagine del sangue sparso sull’asfalto. Un omicidio per mano mafiosa infranse ogni tassello che fino ad allora sembrava essere incastrato al posto giusto. Un colpo di fucile mise per sempre fine all’esistenza di un figlio, di un fratello, di un padre. Quella sera, Massimiliano si fermava sui gradini dell’ingresso, per sempre. Diciotto sono gli anni trascorsi da quella notte buia. L’uccisione di Massimiliano Carbone è a tutt’oggi un delitto impunito. Nessuno potrà mai di certo riaccendere la luce che illuminava gli occhi di quel giovane trentenne. Nessuno, però, potrà mai neppure spegnere la speranza della famiglia Carbone, quella di poter vedere avverarsi il sogno di giustizia. La stessa speranza, nella giornata di ieri, alle ore 18:30, si è trasformata in una preghiera in onore di Massimiliano per l’avvicinarsi del diciottesimo anniversario di quel giorno nefasto. Il manifesto che annuncia la messa nella cattedrale di Locri sposa le parole di Don Luigi Ciotti:

Vi auguro il Diritto alla Rabbia, un sentimento del cuore, un atto d’amore che è agire, è reagire, è indignazione, è la denuncia, è la protesta rispetto alle cose che non vanno rispetto alle ingiustizie.

Come un pugno centrato allo stomaco, bussano nella memoria di ognuno. Le parole sono macigni che al loro passaggio lasciano la propria impronta. E questa impronta servirà affinché nessuno possa dimenticare che la mafia non potrà mai farsi spazio nell’indignazione. Nessuna mafia saprà mai riconoscere la rabbia che suscita il dolore di un amore strappato via troppo presto. Nessuna mafia percepirà mai la sensazione di possedere, in mezzo a una montagna di merda, un cuore limpido e pulito come quello di chi trascorre un’intera esistenza alla ricerca della verità. Perché “ci si arrabbia per le cose che si amano, come la pace, la giustizia, la legalità e la speranza”.


Gedac

Carmen Nicita

Nata sotto un gelido freddo di febbraio. Pungente, a volte, tanto quanto quell'aria invernale. Testarda. Solitaria. Taciturna. Ama perdersi nei dettagli, anche quelli apparentemente più insignificanti. Quelli che in silenzio, in un piccolo angolo in disparte, sperano ancora di poter esser notati da qualcuno. Ama rifugiarsi nella scrittura, poiché è l'unica in grado di osservare ogni minima cosa. La sola in grado di conoscerla fino in fondo.

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