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Attualità

L’inquisizione digitale

Pensieri, parole, opere… e opinioni


GRF

Alcuni di voi avranno notato che, nella giornata di ieri, è divenuto di tendenza su Twitter l’hashtag #rinuncioasatana. Ai “meno studiati” ricordo che l’hashtag indica la parola o il concetto chiave preceduto dal cancelletto, di un intervento sui social network, che permette, per l’appunto, all’algoritmo del social in questione di riunire in unica pagina tutti i post che lo utilizzano mostrando immediatamente quali sono i temi più dibattuti sulla rete. Ma perché, nel nostro Paese, nella prima domenica dell’anno, è divenuto di tendenza uno dei più celebri passaggi delle rinunce battesimali?
Il motivo, ho scoperto cliccandovi sopra, era ben lungi dall’essere legato alla religione. #rinuncioasatana è stato infatti (ab)usato da un gruppo (a quanto pare molto sostanzioso) di utenti che ha deciso arbitrariamente di bloccare i profili di terzi per non leggere più i loro interventi. Secondo queste persone, il Satana al quale stavano rinunciando si annidava nei profili di Roberto Burioni, Greta Thunberg, Jeff Bezos, Volodymyr Zelens’kyj e tanti altri, vi lascio immaginare per quali pii motivi. È scattata, insomma, una corsa al blocco dei profili di individui che, con ogni probabilità, nemmeno si accorgeranno di essere stati oggetto di discriminazione digitale né, soprattutto, hanno interesse a infastidire attivamente chi li ha bloccati, a cui sarebbe bastato pertanto cliccare sul tasto “smetti di seguire” per non leggere più quegli interventi che tanto lo infastidivano.
La necessità di ricorrere a questa soluzione estrema e, soprattutto, di comunicarlo con un hashtag che scimmiotta la fede, ritengo sia un indice della deriva pericolosa che ha preso la nostra società. Quando abbiamo fondato questo giornale abbiamo dichiarato di volerci inserire nel dibattito globale imposto da internet per dare l’opportunità alla realtà locale di riconquistare lo spazio che le spetta. Uno spazio che oggi, considerato dove si concentrano maggiormente i nostri interessi, è forse più che mai urgente recuperare, tanto più che internet ha ormai assunto le caratteristiche di una selvaggia terra di frontiera in cui chiunque può dire e fare ciò che vuole.
Per quanto sia ormai impensabile immaginare una vita senza l’integrazione costante tra reale e digitale, la riconquista dei luoghi fisici ci darebbe infatti maggiore contezza di quale sia la direzione presa dal mondo e ci potrebbe aiutare, innanzitutto attraverso i piccoli gesti, a comprendere che cosa possiamo fare in prima persona per lasciare in eredità ai nostri figli una realtà migliore.
Lungi da me assumere l’atteggiamento bigotto di chi finisce con il dare più importanza di quanto non ne abbiano forse data gli stessi autori a quella che tutto sommato possiamo considerare una goliardata, ma resta il fatto che, in un periodo in cui di argomenti di tendenza seri e semiseri ce ne sarebbero a iosa, leggere che il tema più dibattuto sia proprio #rinuncioasatana e, ancora di più scoprire cosa ci sia dietro, lascia a dir poco perplessi e, a mio modesto avviso, dimostra lo scollamento dalla realtà che vivono tantissime persone, davvero convinte che il problema della società contemporanea risieda nelle avvertenze di Burioni su come trattare il Covid-19, nei moniti di Thunberg, nella ricchezza di Bezos o nella resistenza dell’Ucraina all’invasione russa.
Una volta di più (una volta di troppo) la rete si rivela dunque un luogo dalle infinite possibilità che stiamo sfruttando nel peggiore di modi possibili, una realtà nella quale ci si possono dischiudere davanti tutti i segreti del mondo nella quale stiamo invece promuovendo una moderna caccia alle streghe.
Mi viene allora da pensare che Ray Bradbury, con il suo Fahrenheit 451, sia stato drammaticamente profetico: come noto, l’autore americano immaginava una realtà distopica in cui i vigili del fuoco non sono chiamati a spegnere incendi, ma a dare fuoco alle case di chi viola la legge e, soprattutto, nasconde i libri, divenuti illegali. Esulando dal significato letterale, la società civile, non più impegnata a spegnere l’incendio del pregiudizio e dell’intolleranza, è chiamata oggi ad accendere il fuoco della discordia in un luogo (la rete) in cui la legge è divenuta l’assenza di leggi.
Resta adesso da capire se vogliamo continuare a interpretare il ruolo del capitano Beatty o ci decideremo una volta per tutte ad assumere le sembianze di Guy Montag.

Foto: media.cnn.com


Gedac

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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