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Costume e Società

L’esame del testimone vulnerabile

Le riflessioni del Centro Studi

Di Alfredo Arcorace

La testimonianza della persona offesa, nel nostro ordinamento, in omaggio al principio del libero convincimento del giudice, può da sola fondare l’affermazione della responsabilità dell’imputato, non essendo e essa prevista l’applicazione delle regole di cui all’articolo 192, commi 3 e 4 del Codice di Procedura Penale. In genere il testimone è un soggetto estraneo al processo o, comunque diverso dai suoi attori principali. Se ne presume, quindi, la sua credibilità e, pertanto, il giudice di merito, nella valutazione della prova testimoniale, deve partire dal presupposto che, fino a prova contraria, il teste riferisce fatti veri o da lui ragionevolmente ritenuti tali. Pertanto, la testimonianza potrà essere disattesa solo qualora emergano elementi che rendano plausibile il mendacio. E, proprio in virtù di ciò, sulla capacità a testimoniare della persona offesa si è aperto un vivace dibattito che ha registrato anche l’intervento della Corte Costituzionale, che ha ritenuto ragionevole la scelta del legislatore di consentirne l’esame testimoniale in quanto fondamentale per la ricerca della verità. Tuttavia, sebbene l’ordinamento consenta l’esame testimoniale della persona offesa, essa non può essere parificata a quella del terzo disinteressato, dovendosi tener conto del particolare interesse da cui essa è spinta, specie quando sia costituita parte civile, e quindi portatrice di pretese economiche, e in presenza di un teste vulnerabile, ossia della vittima di un grave reato contro la persona. In tal caso, bene sanno gli operatori del diritto che l’attuale assetto normativo, in punto di valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, porta non pochi problemi pratici qualora il testimone persona offesa sia un testimone vulnerabile. Tale problema diventa ancora più pressante nei processi di tipo indiziario, laddove le dichiarazioni della persona offesa rappresentano la chiave di lettura del quadro indiziario a carico dell’imputato. In genere, nei reati contro la persona, la vittima è sempre un teste vulnerabile perché ha subito un trauma in conseguenza del reato di cui è stato vittima, sicché il suo esame può essere condizionato da un ricordo impreciso o inquinato. Oscar Wilde ha definito la memoria come “il diario che ognuno di noi porta con sé”, poiché i ricordi costituiscono la nostra identità personale e contengono le nostre esperienze. La memoria umana, però, non funziona come una videocassetta il cui nastro può essere riavvolto e rivisto, consentendo a ogni visione di rivivere gli eventi sempre nello stesso ordine e modo. Al contrario, i ricordi sono soggetti a una ricostruzione continua ogni qualvolta vengono richiamati, sicché diversi elementi della traccia mnemonica possono essere modificati, aggiunti o eliminati dopo ogni nuova rievocazione. Questo accade perché la valenza personale che ognuno di noi attribuisce agli eventi della propria vita influenza la memoria e il modo di percepire la realtà. La memoria, in altri termini, non è una fotografia di eventi reali, poiché in un ricordo non c’è solo quella porzione di realtà che si registra al momento dell’esperienza, ma c’è anche la rielaborazione che si sviluppa sulla base della nostra personalità. Inoltre, il contenuto della memoria si modifica nel tempo fino a rendere impossibile distinguere realtà e finzione poiché fattori esterni interferiscono con il suo stato di conservazione. Tutto ciò che leggiamo, ogni frase che ascoltiamo, viene filtrata dal nostro cervello e altera il modo in cui abbiamo registrato il passato. Richiamare un ricordo non significa leggere il contenuto immagazzinato nella memoria né riprodurlo così come è stato immagazzinato ma significa, ogni volta, effettuare una ricostruzione dell’evento. In sostanza, non esiste un ricordo perfettamente fedele, poiché ogni qual volta viene recuperato un ricordo dalla memoria avviene una vera e propria ricostruzione di eventi e situazioni. Numerose ricerche hanno addirittura dimostrato che la sollecitazione di un atto di immaginazione può portare un testimone vulnerabile a produrre anche falsi ricordi, credibili persino a chi li produce. I falsi ricordi sono ricordi non realmente accaduti o immagazzinati in maniera distorta: alcuni derivano dall’aggregazione di ricordi a esperienze diverse, altri sono il frutto di ricordi confusi e incompleti che vengono arricchiti da informazioni esterne che inducono il soggetto a ricordare un evento in maniera distorta. Altri ricordi, non autentici, possono essere totalmente inventati, possono derivare da altri ricordi reali parzialmente alterati o essere frutto dell’aggregazione di frammenti di ricordi.

Continua…

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 28/10/2022


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