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Costume e SocietàLetteratura

Il decreto di archiviazione delle indagini preliminari

Le riflessioni del Centro Studi

Edil Merici

Di Giuseppe Gervasi – Avvocato del Foro di Locri

I problemi ermeneutici che affrontiamo necessitano di un richiamo preliminare agli articoli 10 e 117 della Costituzione che, in ragione della loro stretta correlazione e dei sempre più stringenti rapporti tra l’ordinamento nazionale e l’ordinamento sovranazionale europeo, hanno assunto una portata sempre più determinante nell’apparato costituzionale. Dalla disciplina contenuta negli art. 10 e 117 della Cost. deriva l’indispensabile necessità di adeguare l’ordinamento giuridico interno a quello sovranazionale, attraverso un percorso di regolamentazione dei rapporti tra i due sistemi spesso molto difficile. Non ci soffermeremo sul ruolo del giudice nei rapporti tra la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo come interpretata nel diritto consolidato della Corte EDU, né sul rapporto tra giudice comune e Corte costituzionale nel percorso di adeguamento alla normativa europea. In questa sede ci limiteremo ad analizzare una situazione concreta rispetto a questo difficile percorso ermeneutico, avendo come coordinate di riferimento il 1º comma dell’art. 10, nonché il 1º e il 3º c. dell’art. 117 Cost. in essi risultando compendiati gli obblighi che il nostro ordinamento giuridico si è assunto rispetto a quello europeo. Sono noti i casi in cui si è registrato un notevole ritardo dell’Italia a recepire la normativa europea, ovvero ad adeguarsi alle decisioni della CEDU per eliminare tutte quelle situazioni di possibile disparità di trattamento giudiziario dei cittadini italiani rispetto al resto dei cittadini europei. È il caso della diversa portata sistemica del decreto di archiviazione del Giudice per le Indagini Preliminari, nella doppia ipotesi in cui al decreto di archiviazione non faccia seguito una riapertura delle indagini nei casi consentiti, oppure nella diversa e non rara ipotesi in cui per lo stesso fatto, oggetto dell’archiviazione, si proceda separatamente in diverso procedimento, per di più in assenza della riapertura delle indagini archiviate. È noto che il decreto di archiviazione non è previsto dall’art. 669 del Codice di Procedura Penale tra i provvedimenti per i quali è possibile invocare la disciplina del contrasto tra giudicati, sul presupposto che il decreto di archiviazione non conterrebbe in se il carattere della definitività tipico della sentenza assolutoria. Non sono mancati i casi in cui il fatto oggetto del decreto di archiviazione e le relative fonti di prova siano stati successivamente acquisiti in altro e diverso procedimento, in particolare nei cosiddetti maxi processi nei quali è usuale seguire più filoni di indagine iscritti a diverso Registro Generale Notizie di Reato. Ritorna centrale dunque la portata sistemica che spetta al decreto di archiviazione, la cui adozione è preceduta da una prima valutazione dell’ufficio inquirente e da una successiva valutazione del giudice terzo chiamato a decidere.
Sul tema si è registrato l’intervento della CEDU, che ha affrontato in modo specifico proprio il profilo della definitività della decisione. Il Giudice europeo ha valorizzato la natura di decisione definitiva del decreto di archiviazione, sottolineando che ciò che realmente conta è che la decisione conclusiva sia adottata da un organo che partecipi all’amministrazione della giustizia nell’ordinamento nazionale di riferimento, competente ad accertare ed eventualmente punire il comportamento illecito contestato a un determinato soggetto. A seguire si è registrato anche l’intervento della Corte di Cassazione che, in aderenza alla decisione europea, ha riconosciuto il carattere della definitività al decreto di archiviazione emesso dal pubblico ministero tedesco perché egli partecipa all’amministrazione della giustizia penale secondo l’ordinamento interno di quel Paese.
È innegabile che anche il pubblico ministero italiano e il GIP, a cui per altro è demandato di stimare nel merito il peso degli elementi di prova raccolti durante le indagini preliminari, partecipano all’amministrazione della giustizia penale italiana, ma questo non è sufficiente a preservare l’effettivo rispetto del divieto convenzionale del ne bis in idem, garantito anche dall’art. 4 del protocollo 7º della Convenzione EDU così come interpretato dalla CEDU, ovvero il diritto all’esecuzione della decisione più favorevole nel contrasto di giudicati tra sentenza di condanna e decreto di archiviazione.

Continua…

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 30/06/2023

Redazione

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