ADVST
Costume e SocietàSport

Le necropoli di Janchina

Locride… e dintorni in Mountain Bike XXVI

Di Rocco Lombardo

Le due ruote sono allo stesso tempo mezzo e filo conduttore per esplorare il nostro territorio e grazie a cui provare emozioni e sensazioni che per la frenesia dei ritmi quotidiani abbiamo messo da parte: un percorso in Mountain Bike significa immergersi totalmente nella natura e nella passione di luoghi ricchi di bellezze naturalistiche, attrazioni archeologiche e culturali, e portarsi a casa ricordi e immagini di un territorio, la Locride, contornato da un paesaggio fatto di montagne aspre, che scendono e si trasformano in colline e poi, velocemente, si buttano nel mare.
II percorso di oggi è un classico giro ad anello, in un’ area collinare nelle immediate alture di Locri, da secoli destinata alla coltivazione di alberi da frutto, uliveti e cereali e dove sono ancora oggi ben visibili i muretti a secco, opere centenarie utili a terrazzare i fianchi delle colline per rendere la messa a frutto dei terreni più agevole.
Affrontiamo come sempre in gruppo una salita di media difficoltà, dopo aver attraversato il ponte sulla fiumara Gerace nei pressi della frazione Bagni di Antonimina, fino a raggiungere il crinale di Janchina, località panoramica e suggestiva, scelta per la posizione strategica da parte del coloni Greci che si spostarono dall’approdo di Capo Bruzzano, fondando l’insediamento dell’antica Locri Epizephiri, posta al confine tra i territori comunali di Locri e Portigliola, da dove si può scorgere, in lontananza, Pietra Cappa, il Monte Tre Pizzi, le alture del Parco Nazionale dell’Aspromonte, la Rocca di Gerace, fino ad abbracciare con lo sguardo la gran parte della Costa dei Gelsomini. un punto d’osservazione privilegiato, ideale per scattare delle fotografie panoramiche.
La probabile esistenza di un importante sito indigeno dell’età del Primo Ferro (XI-X secolo a.C.), in questo territorio, prende corpo quando, tra 1909 e il 1912, Paolo Orsi, il grande archeologo cui siamo debitori di molte delle nostre principali scoperte archeologiche, si dedicò a più riprese allo scavo di un vasto insieme di necropoli poste nell’immediato entroterra della colonia greca di Locri Epizefiri, intorno a un grande pianoro dai fianchi scoscesi, denominato appunto Ianchina. Si tratta, infatti, di tombe a camera scavate nella roccia lungo i fianchi dell’altura, una tipologia funeraria assai diffusa sino all’età arcaica.
I rinvenimenti furono davvero numerosi: nelle tombe, depredate nel corso dei secoli, furono reperite ingenti quantità di vasellame in ceramica, con motivi ispirati alla ceramica geometrica greca dell’età del ferro. La ceramica geometrica di Ianchina ha consentito di svolgere un ruolo primario nello studio dei rapporti tra Grecia e Italia all’alba del primo millennio a.C.
La necropoli di Janchina comprende lungo il fianco occidentale dell’altura la necropoli di Val Canale, seguita più a nord dai gruppi funerari di Scorciabove e di Patarriti, rinvenuti lungo la balza inferiore del pendio. Uno sterrato argilloso, reso particolarmente faticoso e pesante dalle recenti piogge ma dall’alto tasso adrenalico tra alberi di ulivo agrumeti e un’estesa piantagione di bergamotti, ci consente di respirare un aria antica e familiare al tempo stesso, ripercorrendo una terra frequentata dai nostri antenati da secoli e che ne conserva intatta la magia e la sacralità.

Una breve sosta presso un villaggio rurale con tanto di casa patronale e chiesetta annessa semi-abbandonati ci consente di contemplare un luogo sospeso nel tempo, suggestivo e struggente nella sua distaccata solitudine, punto di riferimento per secoli per gli abitanti di questa parte di territorio locrese, un tuffo nel nostro passato contadino che ci riconcilia con le nostre radici e al quale solo le fotografie poste a corredo rendono pieno merito.
Costeggiamo per alcune centinaia di metri il sentiero, non sempre tracciato e percorribile, sulla sommità del crinale argilloso, e iniziamo a discendere lungo una vertiginosa sterrata, solcata da profondi canaloni provocati dal copioso deflusso delle acque piovane, scivolosa e molto impervia, che mette a dura prova le nostre, pur modeste, capacità tecnico-aerodinamiche, ma dall’alto appagamento emozionale, fino a raggiungere la località Sportella nel comune di Portigliola.
La fondazione di Portigliola, il cui nome deriva dal latino Porti (cioè porta), si ritiene sia avvenuta verso il 915, epoca in cui i saraceni saccheggiarono e distrussero la fiorentissima città di Locri Epizephiri. Prese il nome dall’omonimo torrente sfociante sul vicino porto della città per la sua incantevole esposizione, considerata la più bella aiuola della gloriosa vetusta città di Locri: Porti-Aiuola, ossia: l’Aiuola del Porto.
Nel territorio di Portigliola fiorì e prosperò la vita industriale, artistica, economica, culturale, religiosa dell’antica Locri, giacché il centro della Metropoli era costituito dalle tre colline: Mannella, Abbadessa e Castellace, tutte ricadenti nell’attuale territorio comunale, e poco distanti dalla fiorente zona industriale conosciuta per la fabbricazione e la lavorazione delle terrecotte votive e domestiche, nonché degli oggetti destinati alla dea Persefone e alla dea Athena, non per nulla denominata Cretelle per la natura del terreno argilloso da cui si ricavava la materia prima per fabbricare e lavorare gli oggetti stessi.
Il borgo fu quasi completamente distrutto dal terremoto del 1783, e riedificato successivamente nello stesso sito; storiograficamente si fa risalire all’anno 1811, sotto Gioacchino Murat, l’assegnazione della circoscrizione territoriale di forma rettangolare, esposta a mezzogiorno, confinante con l’omonimo torrente, con i Comuni di Antonimina, di Gerace e dell’odierna città di Locri, e che comprendeva le contrade Paterriti, Janchina, Canale e Cento Camere oggetto del percorso odierno.
Percorriamo le strette vie del centro storico che si inerpicano sulla collina, dove poter ammirare gli edifici storici del paese, fino a scollinare e discendere velocemente lungo il greto della Fiumara Portigliola, guadando le vorticose correnti e risalendo in direzione del passo du strittu, da dove ci ricongiungiamo con la Strada Provinciale 80 nei pressi della contrada Bagni di Antonimina, completando il giro ad anello che ha registrato un dislivello complessivo di circa 500 metri per una percorrenza totale di circa 40 chilometri, affrontato quest’oggi in compagnia di Giuseppe Piccolo, Giuseppe Pileggi e Giovanni Mento.

Redazione

Redazione è il nome sotto il quale voi lettori avrete la possibilità di trovare quotidianamente aggiornamenti provenienti dagli Uffici Stampa delle Forze dell’Ordine, degli Enti Amministrativi locali e sovraordinati, delle associazioni operanti sul territorio e persino dei professionisti che sceglieranno le pagine del nostro quotidiano online per aiutarvi ad avere maggiore familiarità con gli aspetti più complessi della nostra realtà sociale. Un’interfaccia che vi aiuterà a rimanere costantemente aggiornati su ciò che vi circonda e vi darà gli strumenti per interpretare al meglio il nostro tempo così complesso.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Check Also
Close
Back to top button