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Costume e SocietàLetteratura

La valutazione delle informazioni del testimone vulnerabile

Le riflessioni del Centro Studi

Di Alfredo Arcorace

Le informazioni provenienti da fonti esterne possono alterare il ricordo del testimone vulnerabile, creando nella memoria una finzione che la persona percepisce come un fatto realmente accaduto. Si pensi ad esempio al famigliare della vittima di omicidio che viene sentita a sit sui rapporti esistenti tra il congiunto e il sospetto omicida dopo avere letto sul giornale che quest’ultimo è stato iscritto nel registro degli indagati. È indubbio che in questo caso il teste vulnerabile può subire un condizionamento tale da alterare i suoi processi psichici creando dei falsi ricordi, al punto confondere un rapporto di indifferenza tra il congiunto e il sospetto omicida con un rapporto di ostilità tra i due. Altre volte, invece, la memoria del teste vulnerabile può essere influenzata da suggerimenti esterni (anche attraverso domande suggestive) al punto che questi inserirà nella risposta una parte della domanda. Proprio per questo motivo la violazione delle regole poste a presidio dell’esame testimoniale rende la prova acquisita non genuina e poco attendibile anche quando le domande suggestive sono rivolte al testimone dal Giudice, perché anch’esso deve essere terzo e imparziale in conformità del principio del contraddittorio nella formazione della prova ex art. 111, c. 3 e 4 della Costituzione e al principio del giusto processo ex art. 6 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Non pochi problemi sono poi rappresentati dall’identificazione del colpevole da parte del teste vulnerabile, poiché in questo processo entrano in gioco molteplici fattori quali la percezione, l’acuità visiva del testimone, l’attenzione, l’influenza di conoscenze e convinzioni personali.
La capacità del sistema visivo di indentificare oggetti e di assegnargli un significato non è sempre scontata, specie quando si tratta di identificare un volto in movimento. In questo caso, il sistema visivo codifica prevalentemente ciò a cui il teste vulnerabile fa attenzione. È quindi probabile che molti elementi presenti sulla scena del crimine non vengano fissati, che non siano ricordati o che siano ricordati male poiché l’attenzione solitamente viene diretta verso un oggetto preciso. Gli studi hanno ad esempio dimostrato che la presenza di un’arma sulla scena del delitto cattura l’attenzione del testimone in modo automatico e il resto della scena viene immagazzinato in modo povero e, quindi, il testimone sarà in grado di ricordare l’arma del delitto ma non chi la impugnava. Vi sono poi altre variabili che influenzano i processi di identificazione; spesso la valutazione che il testimone vulnerabile fa nel momento in cui viene chiamato a riconoscere un soggetto dipende dalle aspettative che ha rispetto alla conclusione delle indagini. In particolare, se il testimone vulnerabile è convinto che i ladri in Italia appartengono a una certa etnia, più probabilmente vedrà nella persona che commette un reato i tratti somatici di una persona appartenente proprio a quell’etnia e naturalmente questi saranno i tratti che ricorderà. Anche i pregiudizi possono interferire sulla percezione della memoria. Ad esempio, sovente il concetto di extracomunitario attiva in modo automatico, nella memoria di un testimone vulnerabile, i concetti di rissoso, malvivente, inaffidabile. Quindi, se un anziano subisce un borseggio nell’autobus in cui viaggiava anche un extracomunitario la conclusione cui sarà indotto è che probabilmente il colpevole sarà lui. E allora, come può fondarsi il giudizio di colpevolezza sull’esame di un teste vulnerabile? A parere di chi scrive il giudizio di colpevolezza dell’imputato non dovrebbe essere fondato soltanto sulla credibilità delle dichiarazioni della persona offesa, ma occorrerebbe verificare prudentemente anche la sua attendibilità a mezzo la ricerca di riscontri. In concreto, occorrerebbe verificare la sussistenza di elementi di riscontro a quanto narrato e occorrerebbe verificare l’assenza di un interesse da parte della persona offesa a incolpare taluno di un reato o a vederlo condannato. Nel nostro ordinamento, il principio di fondo che regola la valutazione della prova orale è quello del libero convincimento del giudice a cui spetta valutare se un testimone è credibile ed è attendibile secondo il suo prudente apprezzamento. Il giudice è vincolato all’obbligo di motivazione della sentenza: deve cioè dare conto delle ragioni per le quali ha preferito alcune risultanze testimoniali rispetto ad altre e i motivi per i quali le ha ritenute più attendibili.

Continua…

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 28/10/2022


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