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Costume e SocietàLetteratura

La Costituzione Repubblicana e la moneta unica

Le riflessioni del centro studi


Edil Merici

Di Salvatore Gullì – Avvocato del Foro di Catanzaro

Si sa che la volontà politica costituente, all’indomani della fine del regime fascista, si sia formalmente manifestata, in Italia, il 22 Dicembre 1947. Da allora la Carta Costituzionale Italiana accoglie nel suo seno innanzitutto i cosiddetti principi fondamentali all’interno dei primi 12 essenziali articoli. L’interprete, anche a distanza di molti anni, ha così agio di individuare ciò che sostanzia detta volontà costituente: “L’Italia è una Repubblica democratica” dove “la sovranità” popolare e democratica viene esercitata “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. È in effetti, quello testé citato, il principio cardine della Costituzione Italiana. E infatti è la Repubblica che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo ed è inoltre, parimenti, compito della Repubblica di attivarsi per rimuovere ostacoli di ordine economico e sociale. Quando, all’articolo 10 della Carta, si prevede di doversi conformare alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute, si adotta, non a caso, la locuzione “ordinamento giuridico Italiano” e non quella di Repubblica.
Considerato quindi che l’essenza della Carta è il costituirsi dell’Italia in quanto Repubblica, le importanti disposizioni ordinamentali e organizzative appartengono evidentemente, tuttavia, a una sfera ulteriore rispetto a quella essenziale. Non è dunque casuale che, nella Carta, lo straniero abbia riconosciuto il diritto di asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge, sulla base cioè di disposizioni promananti dalla Repubblica. Ora, fra i principi fondamentali è previsto anche quello secondo cui l’Italia “consente in condizione di parità con altri Stati le limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia”. Può dunque dirsi che la Repubblica democratica, sulla base dell’originaria volontà costituente, ammetta limitazioni di sovranità purché esse appunto siano finalizzate ad assicurare la pace e la giustizia.
In altri termini, pace e giustizia, secondo la volontà del legislatore costituzionale, costituiscono presupposti dirimenti affinché possa limitarsi la sovranità repubblicana. È del resto significativo che il Costituente abbia articolato i rapporti civili ed i rapporti etico-sociali solo dopo l’enucleazione dei principi fondamentali. Altrettanto significativamente in Costituzione è poi dichiarato che “la Repubblica tutela il lavoro” ed è peraltro precisato che la legge possa riservare originariamente, o trasferire mediante espropriazione, allo Stato, determinate imprese, e ciò nelle materie dei servizi pubblici essenziali e di imprese con carattere di preminente interesse generale. È sempre la Repubblica che, ai sensi dell’art. 47 della Costituzione, oltre a tutelare il risparmio, “disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito”. Assodata l’essenza Repubblicana della Costituzione, la ratifica della normativa mediante cui l’Italia ha accettato che i rapporti economici fossero regolati da una moneta sovranazionale può ritenersi costituzionalmente lecita? Viola o no detta normativa la volontà costituente? Prima di rispondere all’interrogativo, occorre definire il concetto di moneta e occorre indagare, sia pure sinteticamente, determinate evenienze di politica economica aventi significativi riflessi giuridici costituzionalmente rilevanti. La moneta è uno strumento giuridico pubblico che consente di rappresentare e di scambiare il reddito prodotto entro un determinato territorio. I rapporti obbligatori fra soggetti sono, a mezzo della moneta, definiti e soddisfatti. In materia, occorrerà valutare se la disciplina, il coordinamento e l’esercizio del credito, attribuzioni che, come accennato, l’art. 47 della Carta dichiara di competenza della Repubblica, implichino il potere inalienabile in capo alla stessa Repubblica di poter produrre e gestire in autonomia lo strumento monetario. Di certo la Repubblica, per poter realizzare i pubblici obiettivi, deve avvalersi di risorse monetarie indispensabili per conferire efficienza ai servizi pubblici. La produzione e la gestione della moneta sono dunque necessari all’esplicarsi del potere governativo. E soprattutto la Repubblica deve poter servirsi di detto strumento senza dover soggiacere a poteri superiori. Nondimeno fatti storici rilevanti hanno prodotto modifiche nei rapporti politico-economici che hanno finito per deformare il solco normativo tracciato dalla Carta. Segnatamente, nel 1981, una determinazione ministeriale, in forma di nota indirizzata al Governatore della Banca d’Italia, ha provocato una separazione rivoluzionaria dei rapporti fra il Ministero del Tesoro e la Banca d’Italia. Per finanziare la spesa per servizi lo Stato non ha più potuto obbligare la Banca d’Italia ad acquistare titoli pubblici qualora fossero rimasti in-venduti. Si è sancito così, senza clamori, addirittura una indipendenza della Banca centrale dal potere governativo. Lo Stato, da allora, ha infatti dovuto reperire liquidità domandandola al mercato (oltre a quella derivante dall’imposizione tributaria).

Continua…

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 30/06/2023


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