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Covid-19: ecco perché tenere chiuse le scuole non servirà a nulla

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Proprio quando eravamo convinti di esserci lasciati il peggio alle spalle, il Covid-19 è tornato a colpire con furibonda violenza, rendendo queste prime giornate del 2022 decisamente più nefaste di quanto non avessero previsto persino i più incalliti pessimisti. Complice la cavalcata trionfale della variante Omicron, persino con la campagna vaccinale che procede a tappe forzate l’arginamento del virus pare più che mai un lontano miraggio, che sta creando non poco sconforto nei medici e ancora più grattacapi agli amministratori regionali e locali. E proprio loro sono stati i protagonisti di una settimana che, al netto delle temperature che stanno tornando nella media del periodo, è stata decisamente di fuoco: il dibattito si è acceso attorno al nodo del rientro a scuola degli studenti in seguito alle vacanze natalizie, un differimento invocato da più parti che ha incontrato il deciso niet di un Governo più che mai intenzionato a cercare di mantenere la parvenza di normalità riconquistata estendendo a macchia d’olio una campagna di vaccinazione che sta (finalmente, dico io) assumendo le connotazioni dell’obbligo.
Fa riflettere che, nella nostra Regione, dove un Roberto Occhiuto pilatiano (mi si passi il termine) ha affermato che lui non emanerà ordinanze regionali di chiusura scuola, ma nemmeno impugnerà eventuali ordinanze pubblicate dai sindaci in merito, la richiesta di differire il rientro in aula degli studenti sia venuta niente meno che dal Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria, che ha dichiarato di non essere certo di riuscire a reggere un ulteriore balzo in avanti dei contagi in seguito al ritorno in strada dei pendolari della scuola. Una richiesta, ne siamo certi, che non è stata avanzata a cuor leggero, così come a cuor leggero (ci auguriamo) non sarà stata presa la decisione di accoglierla da decine e decine di primi cittadini di tutta l’Area Metropolitana. Ma il problema sono veramente le scuole e i pendolari?
Per darmi una risposta mi sono preso la briga di confrontare i dati dei contagi nella nostra Regione nella settimana che è andata dall’1 al 7 gennaio con quelli dello stesso periodo dello scorso anno, un’attività che mi ha permesso anche di avere maggiore contezza della situazione che la nostra regione sta vivendo e di comprendere meglio le motivazioni di chi invoca le chiusure. Ebbene ho scoperto che nei sette giorni in questione, in Calabria, sono stati registrati ben 11.276 nuovi casi di Covid-19 contro i 1.827 della medesima settimana dello scorso anno.


Edil Merici

Un dato certamente viziato dai 61.744 tamponi in più che sono stati fatti negli sorsi giorni rispetto allo stesso periodo del 2021, ma che dimostra comunque che il Covid-19 sia un nemico che non solo dobbiamo ancora sconfiggere, ma che probabilmente non abbiamo ancora nemmeno messo all’angolo, tanto più che la percentuale di nuovi positivi rilevati dai tamponi negli scorsi sette giorni si è assestata su una media del 15,55% contro il 13,97 di 365 giorni fa. Nei primi 7 giorni del 2021, poi, erano stati 1.791 i guariti, un dato che aveva permesso di mantenere una situazione di sostanziale equilibrio tra i nuovi casi e quelli finalmente risolti, a differenza di quanto accaduto quest’anno, quando i guariti sono stati solo 3.615, facendo salire di diverse migliaia di unità il numero dei casi da monitorare. A proposito di monitoraggio, anche l’occupazione dei posti letto è decisamente sorprendente, con una media di 337 lettighe occupate nell’arco della settimana contro le 242 dello scorso anno. E le terapie intensive? Mediamente 29 posti letto occupati contro i 19 del 2021, praticamente la stessa proporzione rispetto ai ricoveri ordinari che si registrava lo scorso anno. Se questo è il quadro generale che si registra nell’intera regione, a far tremar le vene e i polsi all’ordine dei medici reggino ci pensano i dati provinciali, con il nostro territorio che fa registrare da solo il 42,7% dei nuovi casi settimanali (l’anno scorso era persino più alto: 43,5%).
Preoccupazione giustificata, allora? Assolutamente sì. Dati che ci devono far prendere dal panico? Assolutamente no, perché la sostanziale differenza tra l’esordio del 2021 e quello del 2022 è che l’anno scorso venivamo da un Natale a porte chiuse, due settimane di zona rossa in cui le cene con amici e parenti le avevamo fatte solamente via webcam, in chiesa si poteva entrare alla spicciolata, i mercati erano sospesi e gli eventi natalizi un lontano ricordo. Quest’anno, invece, stiamo decisamente pagando lo scotto di maggiori libertà, di manifestazioni che, anche in forma ridotta, si sono svolte almeno fino al 23 dicembre e di cenoni e pranzoni che sono stati occasione ideale di rivedere anche solo la famiglia allargata.
L’unica grande assente tra i luoghi pubblici e non in cui ci siamo potuti recare nelle scorse settimane è quella di cui adesso si chiede la chiusura: la scuola, destinata a pagare, assieme ai nostri ragazzi, lo scotto di una condotta scapestrata che, una volta di più, i nostri amministratori non hanno saputo prevedere, e alla quale adesso si vuole imporre uno stop di comodo per evitare di sentire le lamentele delle altre categorie. Perché, parliamoci chiaro, visti i dati che vi ho appena elencato, è ovvio che la chiusura delle scuole non sarà risolutiva, ma potrebbe anzi rivelarsi un boomerang, come nella Locride solo Vittorio Zito ha ipotizzato.

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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